giovedì 2 agosto 2012

MILANO, MORA LIBERO: STA MALE. HA PERSO 50 CHILI: "ORA CAMBIO VITA"

MILANO - Il Lele Mora che si faceva fotografare come un guru spaparanzato sui divani leopardati con due maschioni intenti a massaggiargli i piedi non esiste più.
Al suo posto c’è un uomo di 57 anni diventato l’ombra di se stesso, pelle e ossa, malato, depresso. Tanto che ieri per l’ex agente dei vip si sono aperte le porte del carcere di Opera, dove era rinchiuso dal 20 giugno dell’anno scorso per la bancarotta della sua società, la Lm management.
Mora, che ha patteggiato una condanna a 4 anni e tre mesi e ha una pena residua da espiare inferiore ai tre anni, è stato scarcerato dal giudice di sorveglianza Roberta Cossia, sulla base di una consulenza medica di parte secondo cui il talent scout «è in una grave situazione di stress psicofisico». Dario Mora, in arte Lele, da quando è finito in cella è dimagrito di 50 chili: «Una situazione di evidente compromissione delle condizioni fisiche del condannato», affetto da severe patologie che il regime di detenzione è destinato ad acuire. Pertanto il Mora ha bisogno di cure specialistiche «in un ambiente ideoneo». È così da ieri si è trasferito nell’appartamento del figlio Mirko, in attesa dell’udienza per stabilire se il manager dei vip possa essere affidato ai servizi sociali.
Il carcere ha piegato il parrucchiere di Bagnolo Po diventato agente di spettacolo e poi intimo di Berlusconi: è imputato con Emilio Fede e Nicole Minetti nel processo sul caso Ruby. In cella si è improvvisato scrittore, prima buttando giù ricette culinarie, poi appunti sulla sua vita. Nel colloquio avuto martedì ad Opera con il giudice Cossia, si è assunto «totalmente la responsabilità dell’illecito commesso» attribuendolo - ha spiegato Mora «ad un modo di vivere e ad un mondo di cui io stesso sono stato alla fine vittima». Una sorta di redenzione, la sua: è intenzionato «a predisporre un piano risarcitorio per soddisfare i creditori del fallimento». E vuole fare volontariato nella comunità Exodus di don Mazzi, «attività che avrebbe la valenza - scrive il giudice - di soddisfare le sue esigenze di cambiamento di vita».

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