«Adesso la sola cosa che voglio è essere lasciato in pace. Sono un uomo onesto, non c'entro niente con la bomba». Lo dice - ripreso di spalle, in interviste video pubblicate sui siti del Mattino e de La Stampa - il radiotecnico sospettato dell'attentato di Brindisi,
ascoltato ieri per molte ore dagli inquirenti e poi rilasciato:
«chiaramente è stato un incubo, però per fortuna hanno capito che sono
onesto».
Il cinquantenne esperto di elettronica («me la cavo»), sospettato di aver pigiato l'interruttore del telecomando che ha attivato la bomba, ha detto di essere stato «sempre tranquillo», avendo «la coscienza in pace. Per me basta questo».
Ha aggiunto di essere stato trattato «bene» in questura - dove è rimasto fino alle 3 del mattino insieme alla figlia di tre anni («non potevo lasciarla sola, è stata un pò distratta») e che durante la perquisizione in casa «c'è stato un pò di trambusto», ancora evidente con i pezzi di computer e telecomandi sparsi nella stanza.
«Sabato mattina - racconta, parlando del giorno dell' attentato, che definisce 'un fatto gravissimo' - ero qui a casa, a 300 metri, stavo dormendo. Ho sentito l'esplosione e ho pensato subito chiaramente a qualcosa di grave. Tre ore dopo sono uscito di casa per andare al negozio di elettronica».
L'uomo, che ora «esige» che non venga scritto il suo nome, dice di non aver paura della reazione della gente: «so che la gente si renderà conto della realtà. È palese, non c'entro niente, è stata una giornata intera da dimenticare».
Il cinquantenne esperto di elettronica («me la cavo»), sospettato di aver pigiato l'interruttore del telecomando che ha attivato la bomba, ha detto di essere stato «sempre tranquillo», avendo «la coscienza in pace. Per me basta questo».
Ha aggiunto di essere stato trattato «bene» in questura - dove è rimasto fino alle 3 del mattino insieme alla figlia di tre anni («non potevo lasciarla sola, è stata un pò distratta») e che durante la perquisizione in casa «c'è stato un pò di trambusto», ancora evidente con i pezzi di computer e telecomandi sparsi nella stanza.
«Sabato mattina - racconta, parlando del giorno dell' attentato, che definisce 'un fatto gravissimo' - ero qui a casa, a 300 metri, stavo dormendo. Ho sentito l'esplosione e ho pensato subito chiaramente a qualcosa di grave. Tre ore dopo sono uscito di casa per andare al negozio di elettronica».
L'uomo, che ora «esige» che non venga scritto il suo nome, dice di non aver paura della reazione della gente: «so che la gente si renderà conto della realtà. È palese, non c'entro niente, è stata una giornata intera da dimenticare».
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