La maternità è un evento della vita familiare tutelato dalla Costituzione che all’art. 37 così recita:
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le
stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro
devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e
assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.
Sulla base di quanto previsto dalla carta costituzionale, il
legislatore ha previsto una serie di norme a tutela della maternità, ed
anche della paternità. La lavoratrice incinta ha diritto (e l’obbligo)
di assentarsi dal lavoro durante il periodo di astensione obbligatoria
dal lavoro, ossia il congedo di maternità, che va dai 2 mesi prima del parto ai 3 mesi successivi. Per tale periodo la lavoratrice percepisce l’indennità di maternità.
Oltre alla tutela della madre e del bambino nel periodo di astensione
obbligatoria, la legge prevede anche un periodo di astensione
facoltativa, vale a dire il congedo parentale, che si estende fino al compimento degli 8 anni di età del bambino, così come prevede la possibilità di fruire di congedi per malattia del bambino.
Accanto a questi periodi di astensione obbligatoria e facoltativa, la
disciplina sulla maternità, riconosce alla madre la possibilità di
prendersi cura del neonato durante il primo anno di vita, attraverso dei
piccoli, ma quotidiani, permessi di lavoro, ossia i riposi orari giornalieri per allattamento.
L’art. 39 del Decreto Legislativo n. 151 del 2001,
il Testo unico delle disposizioni legislativa in materia di tutela e
sostegno della maternità e della paternità, prevede “i riposi
giornalieri della madre”, ossia che:
- Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore;
- I periodi di riposo hanno la durata di un’ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall’azienda.
- I periodi di riposo sono di mezz’ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell’asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.
Il diritto ai permessi giornalieri per allattamento è negato alle lavoratrici autonome. Approfondiamo tutti gli aspetti relativi all’allattamento.
SOMMARIO:
Permessi giornalieri
Indennità per allattamento dell’Inps
Permessi al padre
Parto plurimo
Adozione e affidamento
Indennità per allattamento dell’Inps
Permessi al padre
Parto plurimo
Adozione e affidamento
I permessi giornalieri per allattamento
Pertanto la lavoratrice, nel primo anno di vita del bambino, ha
diritto a riposi orari per allattamento di due ore se l’orario
giornaliero della lavoratrice risulta pari o superiore a 6 ore al
giorno, oppure permessi di un’ora in caso di orario giornaliero di lavoro di durata inferiore a 6 ore.
Va precisato, ed è importante ai fini del diritto ad una o due ore di
allattamento quotidiano, che quando si parla di pari o superiore a 6
ore si intende se l’orario quotidiano è superiore o no a 5 ore e 59
minuti. Ne consegue che la lavoratrice che svolge 6 ore quotidiane di
lavoro ha diritto a due ore di lavoro e non ad una.
Allattamento e astensione obbligatoria o facoltativa.
Le ore di riposo per allattamento avendo la finalità di alimentazione e
cura del bambino, non competono alla lavoratrice se si trova in
astensione obbligatoria o facoltativa. La motivazione è ovvia, la donna
non svolge attività lavorativa. Analogamente le ore di allattamento non
competono alla lavoratrice madre se il padre lavoratore ha avuto la
concessione dell’astensione facoltativa.
Conta l’orario contrattuale di lavoro, non quello prestato.
E’ importante ancor di più precisare che ogni volta che l’orario di
lavoro giornaliero della lavoratrice risulta inferiore al minimo di 6
ore previsto dalla legge sull’allattamento, come ad esempio quando
capitano eventi particolari e occasionali (uno sciopero, un permesso
retribuito o non retribuito previsto dal CCNL, ecc.), bisogna tener
conto dell’orario previsto dal contratto individuale della lavoratrice e
non dell’orario di lavoro effettivamente prestato in azienda.
La Corte di Cassazione ha sancito che i riposi giornalieri, come
concordati tra lavoratrice e datore di lavoro, non possono subire
spostamenti o soppressioni in relazione a particolari evenienze che in
determinati giorni riducono la durata dell’orario di lavoro.
L’accordo col datore di lavoro per l’allattamento.
Il Ministero del lavoro aggiunge che i riposi orari per allattamento
sono concessi alla madre per la salvaguardia della salute del bambino
neonato e per le sue esigenze di nutrizione, quindi per questi fini essi
devono essere fissati tassativamente in base ad un accordo tra la
lavoratrice e il datore di lavoro o mediante l’intervento della
Direzione provinciale del lavoro (DPL). L’accordo deve essere volto a
contemperare le esigenze proprie del regime biologico del bambino e
quelle della produzione.
Permessi per allattamento in caso di sciopero. Il Ministero del
lavoro ha disciplinato anche la relazione tra il diritto ai riposi orari
per allattamento e il diritto allo sciopero, precisando che:
- In caso di sciopero che comporti l’astensione dal lavoro per l’intera giornata non spettano alla lavoratrice i riposi giornalieri e nemmeno la relativa indennità;
- In caso di sciopero parziale al quale partecipi la lavoratrice interessata e che comprenda un orario in cui siano inclusi i periodi di riposo, in precedenza fissati, i riposi non spetteranno e neanche la relativa indennità da parte dell’INPS;
- In caso di sciopero parziale che si svolga in un orario non coincidente con quello fissato per il godimento dei riposi, la lavoratrice avrà diritto ad usufruire dei riposi medesimi e beninteso della relativa indennità da parte dell’INPS;
- In caso di sciopero parziale, concernente un orario che coincida parzialmente con quello fissato per il godimento dei riposi, la lavoratrice avrà diritto ad usufruire ad uno solo dei riposi medesimi ed alla relativa indennità;
- Questi orientamenti sono applicabili anche in tutti gli altri casi per i quali si verifichi la sospensione temporanea (totale o parziale) della prestazione lavorativa e della retribuzione.
L’indennità per allattamento a carico dell’Inps
La lavoratrice ha diritto ad uscire dall’azienda per la durata del
riposo orario per allattamento, ma tali ore di permessi giornalieri sono
considerate a tutti gli effetti come ore di lavoro con diritto alla
percezione della retribuzione. Quindi anche in questo caso, come per
l’astensione obbligatoria dal lavoro per congedo di maternità, la
lavoratrice (o il lavoratore, vedremo in quali casi) ha diritto ad una
indennità da parte dell’Inps.
Il trattamento economico a carico dell’Inps. Per i
riposi giornalieri è dovuta un’indennità, a carico dell’Inps, pari
all’intero ammontare della retribuzione relativa ai riposi. L’indennità è
anticipata dal datore di lavoro ed è portata a conguaglio con i
contributi dovuti all’Inps stessa, lo stabilisce l’art. 43 del D. Lgs.
151 del 2001.
Riposi orari e ferie, tredicesima e anzianità. Va
precisato che i permessi giornalieri di una o due ore per allattamento
sono considerati utili ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli
effetti, mentre sono esclusi dalla maturazione della tredicesima mensilità e delle ferie retribuite. Lo stabilisce l’art. 43 del Decreto Legislativo n. 151 del 2001.
Non è consentito invece alcun trattamento economico sostitutivo dei
riposi giornalieri per allattamento, lo prevede l’art. 10 del D.P.R. n.
1026 del 1976. Cioè la lavoratrice non può rinunciare alla funzione
fondamentale dell’allattamento del bambino dietro percezione di una
retribuzione aggiuntiva sostitutiva.
Riposi orari per dirigenti e calcolo delle ore. Nel
caso di permessi per allattamento richiesti da lavoratori con qualifica
di dirigente, ai fini della determinazione dei periodi di riposi
giornalieri e della relativa indennità, nel caso in cui la
contrattazione non preveda espressamente la durata della prestazione
lavorativa, l’orario lavorativo da prendere a riferimento è quello in
vigore per impiegati di massima categoria dipendenti dell’azienda cui il
dirigente appartiene. E’ quanto precisa l’Inps.
La copertura con contributi figurativi. Per le ore
di allattamento, che siano due o un ora al giorno, la legge prevede la
copertura con contribuzione figurativa ridotta, ma solo per i periodi
successivi al 28 marzo 2000, cioè dopo l’entrata in vigore della legge
n. 53 che ha integrato la normativa già in vigore.
La madre del bambino è la naturale destinataria dei
riposi orari e dell’accredito dei contributi figurativi. Tale
disposizione sulla percezione dell’indennità e sull’accredito dei
contributi figurativi si applica a tutte le lavoratrici dipendenti,
comprese le apprendiste e le lavoratrici agricole. Viene inoltre
riconosciuto il riposo orario e l’accredito dei contributi figurativi
anche alle lavoratrici impegnate in lavori socialmente utili (L.S.U.) e i
lavori di pubblica utilità (L.P.U.). Mentre sono escluse dalla
prestazione erogata dall’Inps le lavoratrici a domicilio, le addette ai
servizi domestici e familiari e, soprattutto, le lavoratrici autonome.
Quando i permessi per allattamento passano al padre
Riposi giornalieri del padre. Il padre lavoratore ha
diritto di fruire dei riposi orari per allattamento nelle seguenti
situazioni (art. 40 del D. Lgs. 151 del 2001):
- nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
- in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
- nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
- in caso di morte o di grave infermità della madre.
Sono i casi in cui la madre del bambino è lavoratrice autonoma o
lavoratrice libero professionista, oppure una lavoratrice domestica o
lavoratrice a domicilio. Cioè tutti i casi in cui il diritto può passare
al padre. Una sentenza del Consiglio di Stato ha esteso il diritto del
padre alla fruizione dei permessi giornalieri per allattamento anche nel
caso in cui la madre sia casalinga.
Per tutte le informazioni relative a questa importante sentenza, alle
possibilità di fruizione dei permessi da parte del padre con la madre
in congedo di maternità o congedo parentale, vediamo l’approfondimento
su quando i riposi orari spettano al padre.
L’allattamento nel parto gemellare o plurimo
La durata dei riposi giornalieri raddoppia in caso di parto plurimo. Quindi, quando in famiglia la nascita è almeno gemellare,
i periodi di riposo spettanti durante il primo anno di vita dei bambini
raddoppiano nella misura. Ciò significa, in altre parole, che spettano 4
ore o 2 ore di permessi al giorno, a seconda che l’orario quotidiano di
lavoro svolto dal genitore richiedente sia pari ad almeno 6 ore o
inferiore alle 6 ore. Va però evidenziato che il raddoppio delle ore
vale indipendentemente dal numero di neonati, a partire dai gemelli. In
sostanza, se nascono tre gemelli, non si triplicano le ore ma restano
raddoppiate.
Ciascun genitore, ossia la lavoratrice dipendente madre e il lavoratore dipendente padre, acquistano un proprio diritto ai riposi per allattamento.
Alla madre per tutte le ore spettanti, al pare per la parte eccedente
la misura ordinaria, quando la madre vi rinuncia. Resta inteso che la
possibilità di fruizione dei riposi orari è ovviamente collegata alla
qualifica di lavoratore dipendente della madre.
Riposi orari per allattamento al padre in caso di parto plurimo.
Mentre per il normale parto di un solo figlio non è consentita,
l’utilizzazione delle ore aggiuntive previste per il caso di parto
plurimo è invece consentita al padre anche durante il congedo di
maternità della madre lavoratrice dipendente. Il diritto ai riposi è in
misura raddoppiata anche per il padre, quando la madre è lavoratrice
autonoma o parasubordinata.
Permessi per allattamento nell’adozione e affidamento
Anche i genitori adottivi o affidatari hanno diritto ai riposi orari
per allattamento. Dall’11 agosto 2011, a seguito del Decreto Legislativo
n. 119 del 2011, i riposi sono fruibili entro il primo anno dall’ingresso del minore nella famiglia
(anziché entro il primo anno di vita del bambino, come previsto prima
dal D. Lgs. 151 del 2001). Inoltre nel caso dei dipendenti pubblici
assegnati ad altra sede temporaneamente, la disciplina dei riposi orari
per allattamento può applicarsi entro i primi tre anni dall’ingresso del
minore nella famiglia, indipendentemente dalla sua età.
A differenza di quanto previsto per i figli biologici, per i quali i
genitori possono fruire dei riposi giornalieri solo al termine del
periodo di astensione obbligatoria post partum
(3 mesi dopo il parto, in genere), il lavoratore o la lavoratrice che
abbia adottato o preso in affidamento un minore può utilizzare i riposi
giornalieri a partire dal giorno successivo all’ingresso del bambino in
famiglia, in luogo del congedo di maternità o del congedo di paternità, che pure spettano in caso di adozione o affidamento.
Affidamento e adozione plurime. Il Decreto
Legislativo n. 151 del 2001 ha previsto che l’applicazione delle
disposizioni in materia di riposi giornalieri per allattamento della
madre e del padre, e dei parti plurimi, siano estesi anche nel caso di
adozione o affidamento. Quindi anche nel caso di adozione o affidamento
di più di un bambino.
Al riguardo l’Inps ha avuto modo di precisare che, in caso di
adozione o affidamento di bambini, anche non fratelli, entrati in
famiglia anche in date diverse, i genitori adottivi o affidatari hanno
diritto al raddoppio delle ore di riposo, analogamente ai genitori
naturali.
Così pure è da ritenersi che una coppia di lavoratori dipendenti che
abbiano in adozione o affidamento un minore e, intanto, hanno diritto
alle ore di riposo per allattamento di un figlio naturale, potranno
fruire di ulteriori ore di riposo giornaliero fino al compimento di un
anno di età del minore adottato o avuto in affidamento.
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