ROMA - Quando il 4 febbraio scorso gettò nel Tevere il figlio Claudio di
16 mesi Patrizio Franceschelli era pienamente capace di intendere e di
volere e può anche stare utilmente in giudizio. È quanto stabilito da
una perizia disposta dal gip di Roma Riccardo Amoroso, nell'ambito
dell'incidente probatorio svoltosi oggi. Quest'atto istruttorio prelude
ora alla chiusura dell'indagine sulla vicenda e una richiesta di rinvio a
giudizio da parte del pubblico ministero. Franceschelli gettò il
bambino nel Tevere dopo aver avuto una violenta discussione con la sua
compagna. L'uomo lo strappo dalle braccia della nonna, uscì di casa e
raggiunto il ponte Mazzini lanciò il bambino nel fiume. Il corpo fu
ritrovato il 29 marzo scorso nei pressi di Fiumicino a pochi centinaia
di metri dalla foce del Tevere
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