FANO - Il portavoce del vescovo di Fano, don Giangiacomo Ruggeri, 43 anni, direttore dell'Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, è stato arrestato con l'accusa di aver abusato di una ragazzina di 13 anni. Immediata la reazione del vescovo mons.
Armando Trasarti, che ha espresso «sconcerto e dolore per la gravità»
dell'accaduto, e «piena solidarietà a chi è stato oggetto di abuso, con
l'impegno di essere disponibile all'incontro e all'ascolto». Anche se
le ipotesi di reato «andranno opportunamente verificate», il vescovo ha
sospeso don Ruggeri «da ogni ministero pastorale e da ogni atto
sacramentale», e prega per tutti, «perchè il Signore illumini e
conforti». Sotto choc la città, in cui don Ruggeri, aspetto piacevole e
modi affabili, era fino ad oggi 'il' sacerdote dei ragazzi. Parroco a
Orciano, giornalista collaboratore di 'Avvenirè, già vice direttore del
Servizio nazionale per la Pastorale giovanile della Cei, Giangiacomi è
assistente ecclesiastico dell'Associazione cattolica guide e Scout
d'Europa, branca Scolte. Esperto di new media, docente di teologia
nell'Istituto teologico marchigiano, è un volto noto per la stampa
locale, e le radio ed emittenti tv. Secondo il pm di Pesaro Manfredi
Palumbo però avrebbe approfittato di una quasi bambina, probabilmente
una delle tante che frequentano i vari centri di aggregazione giovanile
in cui don Ruggeri è di casa. Pare che a segnalare che qualcosa nel modo
di fare del prete non andava siano state persone che l'hanno visto in
compagnia della ragazzina. E che già in passato, a Orciano, il sacerdote
avesse avuto un diverbio molto acceso con il padre di una giovanissima.
«FACEVA SPEGNERE I TELEFONI ALLE RAGAZZE» Oggi una
donna racconta ai cronisti che quando portava i gruppi al mare, il don
faceva spegnere i telefonini delle ragazze, «per non avere
interferenze». Voci di paese, tutte da confermare. Ora l'inchiesta -
sequestrati il pc e vari documenti e supporti informatici nell'alloggio
dell'indagato - dovrà accertare anche se vi siano stati altri
comportamenti anomali da parte del prete. Dell'indagine è stata
informata per competenza anche la procura dei minori di Ancona. Quando
la polizia è andata a prenderlo per rinchiuderlo in isolamento in una
cella del carcere di Villa Fastiggi, la notizia dell'arresto di don
Ruggeri ha fatto il giro della città in pochi minuti. «Stiamo cercando
di capire cosa sta succedendo, di metterci la testa», dice il fratello
Giovanni, anche lui giornalista, interpellato al telefono. «Non c'era
alcun sospetto, non posso crederci» mormora Domenico, un laico seduto,
affranto, nella sala d'attesa della Curia arcivescovile insieme ad altri
collaboratori di mons. Trasarti, mentre il vicario mons. Giuseppe
Tintori liquida i cronisti con un «non so nulla, arrivederci». Poi, poco
prima delle 20, con un messaggio diffuso attraverso l'Ansa, mons.
Trasarti rompe gli indugi. Una presa di posizione rispettosa di tutte le
parti in causa ma molto netta. Nessuna difesa d'ufficio, in una vicenda
che porta nuovamente in primo piano uno dei nodi in parte ancora
irrisolti della Chiesa contemporanea: come affrontare il coinvolgimento
di preti e religiosi nelle inchieste penali per pedofilia. Trasarti, un
vescovo che ha autorizzato il funerale in chiesa di un imprenditore
suicida per la crisi, «perchè la Chiesa sa la fatica degli uomini», e ha
progettato una casa di accoglienza per padri separati, ha scelto:
solidarietà con i più deboli e piena fiducia nella giustizia degli
uomini. Sperando, che le accuse a don Ruggeri non trovino conferma.
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