ROMA - Confermata la tossicità del bisfenolo A, una delle componenti fondamentali delle plastiche usate per lungo tempo per la produzione di biberon,
bottiglie, piatti e rivestimento di barattoli e lattine di alluminio.
Un nuovo studio realizzato da un gruppo di ricercatori coordinato
dall'Università della California e pubblicato sulla rivista dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas) ha dimostrato che la sostanza danneggia il sistema riproduttivo femminile delle scimmie, provocando aborti spontanei e malformazioni
congenite. Il bisfenolo A è uno dei mattoni fondamentali nella sintesi
di plastiche e additivi plastici, largamente usato per produrre anche
materie plastiche per uso alimentare, e recentemente messo al bando
dall'Unione Europea nella realizzazione dei biberon. I sospetti lanciati
da numerosi studi sulla tossicità del bisfenolo A hanno portato negli
ultimi anni all'abbandono di questo composto, presente oggi solo nelle
plastiche di classe 3 e 7 (il numero visibile all'interno del simbolo di
riciclaggio dei contenitori in plastica) e in alcuni barattoli e
lattine di alluminio. Dopo aver verificato nel passato gli effetti
'tossicì dovuti al bisfenolo A sui roditori, lo studio ha analizzato per
la prima volta le conseguenze sul sistema riproduttivo di alcune
scimmie Rhesus in cinta, un modello molto simile a quello umano. Guidati
dalla genetista Patricia Hunt, i ricercatori statunitensi hanno
somministrato a un gruppo, singole dosi giornaliere per via orale, e a
un altro, dosi ridotte ma continuatinue per via ipodermica. In entrambi i
casi gli studiosi hanno rilevato un numero significativo di difetti
nella divisioni cellulari nelle prime fasi della cellula uovo con
conseguenti danni cromosomici, aborti spontanei e malformazioni
congenite. Queste problematiche erano state già evidenziate
precedentemente in femmine di topo ma mai su uomo o scimmie. Lo studio
conferma quindi i molti interrogativi sollevati da un'ampia serie di
studi pubblicati nell'ultimo decennio sugli effetti del bisfenolo sullo
sviluppo sessuale e la capacità riproduttiva anche nell'uomo e a dosi
molto basse. «La nostra preoccupazione - ha spiegato Patricia Hunt - è
che l'esposizione a questa sostanza possa aumentare il rischio di aborti
spontanei e di bambini nati con malformazioni congenite come la
sindrome di Down».
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