mercoledì 2 gennaio 2013

CALEVO TORNA AL LAVORO. NEL SEQUESTRO COINVOLTI ALTRI DUE ALBANESI



LA SPEZIA -  Ancora novità sul rapimento del'imprenditore Calevo. La notte del 16 dicembre Andrea Calevo sarebbe stato sequestrato materialmente da tre albanesi. Di loro, uno è già stato arrestato, imminente l'arresto degli altri due. Lo si apprende da fonti investigative, secondo cui Pierluigi Destri e il nipote Davide Bandoni non avrebbero partecipato alla fase operativa del rapimento.

TROVATA PISTOLA IN CASA DI DESTRI Una pistola Glock giocattolo modificata per sparare proiettili veri è stata trovata in un vano dello scantinato dove era stato nascosto Andrea Calevo. Con la Glock le forze dell'ordine hanno trovato anche un fucile a canne mozze. Le armi sono state inviate al Racis dei carabinieri di Parma per la ricerca delle impronte digitali.

CALEVO TORNA A LAVORO Sono passati solo due giorni dal blitz che ha riportato a casa l'imprenditore spezino Andrea Calevo, e lui è già tornato dietro la sua scrivania per riprendere in mano la sua vita lì dove l'aveva lasciata lo scorso 16 dicembre. «Finalmente si torna alla normalità» ha detto appena varcati i cancelli. Per lui i dipendenti hanno improvvisato un brindisi tra applausi e abbracci:«Siamo felici che sia di nuovo con noi in azienda» hanno detto.
Quattro dei sequestratori di Calevo sono stati già rintracciati e fermati, uno di loro sta collaborando alle indagini che coinvolgono una ventina di persone. Capo della banda di balordi un 70enne, nonno di un altro dei sequestratori. Con loro almeno due albanesi. «Non so cosa dire ai miei rapitori - ha detto Andrea - ma a loro ho chiesto perché mi avevano rapito, non c'era motivo per farlo».
«Per me cosa migliore ora è dimenticare. Non sarà facile. Ma mi sento tranquillo, le forze dell'ordine sono davvero preparate»: così Andrea Calevo, al suo primo giorno di lavoro dopo il sequestro di cui è stato vittima, ha commentato oggi il suo tirono alla normalità. «Oggi è un giorno importante per me, ma vorrei fosse come tutti gli altri - ha detto ai giornalisti presenti ad Arcola per il suo ritorno al lavoro -. La cosa migliore è dimenticare tutto. Mi sento tranquillo, perchè adesso viviamo in un Paese sicuro. Li hanno presi tutti, le forze dell'ordine sono davvero preparate». Per il suo primo giorno di lavoro molte le telefonate e i messaggi all'imprenditore da parte di clienti e amici che hanno voluto manifestargli la loro vicinanza.

GLI INTERROGATORI  Non è solo Davide Bandoni, nipote di Pierluigi Destri arrestato assieme al nonno per il sequestro di Andrea Calevo, che collabora con gli investigatori. Anche Simon Halilaj, uno degli albanesi arrestati, sta parlando con gli inquirenti che lavorano per meglio definire il numero dei componenti della banda che ha sequestrato l'imprenditore spezzino. Intanto, da quanto appreso, pare che proprio Davide Bandoni si sia recato nell'azienda di Calevo mentre l'imprenditore era imprigionato nella villetta di Destri in via del Campo, a Sarzana. In quell'occasione, secondo quanto riferito da un dipendente, il ragazzo avrebbe acquistato del materiale.

LE INTERCETTAZIONI Poca organizzazione, molta improvvisazione, Questo quello che emerge dalle intercettazioni effettuate sui rapitori di Andrea Calevo. Il sequestro in casa e la richiesta di riscatto da otto milioni, le uniche certezze, poi dal 16 dicembre al 30 nulla è stato più certo per il nonno e il nipote, Pier Luigi Destri e Davide Bandoni. Nel decreto di fermo dei due si leggono alcuni dettagli che hanno portato alla loro individuazione. Le telecamere di un distributore d'abbigliamento hanno ripreso lauto di Calevo «alle 21.25 - dice il decreto di fermo - procede assieme a un furgoncino bianco Peugeot Ranch e si avvicina alla zona dove l'Audi A1 del Calevo è stata fatta finire nel fiume Magra (...) è l'orario immediatamente successivo alla commissione del sequestro di persona(...). Pochi minuti alle ore 21.30 ripassa in senso orario soltanto il furgone». Su quel furgone è poi stata posizionata una cimice.
Tante altre le tracce disseminate nei giorni del sequestro, come un'impronta di Pier Luigi Destri ritrovata sulla lettera scritta da Andrea alla famiglia con la richiesta di riscatto.
Ma una delle conversazioni chiave, grazie alla quale i magistrati hanno poi individuato con certezza i rapitori, gira attorno a una pizza per sfamare il prigioniero. Davide: «Vuole la pizza, glielo portiamo un pezzo di pizza?» Destri: «Stasera no, cos'ha detto?... che c'aveva fame? La frutta c'aveva...». Ancora Davide: «Lo mangiamo anche noi un pezzo di pizza? All'Ipercoop, un pizzone così con 5 euro (...) noi la tagliamo e gliela portiamo un pezzettino». Vanno all'ipermercato, il gps installato sul furgone segue i loro passi, le telecamere li filmano mentre escono, Davide ha il cartone della pizza fra le mani: «Senti com'è buonissima, metà gliela diamo a lui e metà ce la mangiamo noi». Assecondare le richieste alimentari di Calevo era un modo per tenerlo tranquillo, così come l'idea di sciogliere del metadone nell'acqua per tranquillizzarlo. Ma il giovane sequestratore non si è fatto mancare momenti di violenza, come quando alla famiglia di Andrea che chiedeva una prova che il ragazzo fosse vivo ha risposto: «Gli stacco un dito», mentre in un'altra intercettazione al nonno chiede «Posso un po' gonfiarlo, c'ho voglia di pistarlo».

LA LIBERAZIONE Libero e felice a San Silvestro, nessun riscatto pagato, la «banda di balordi» sgominata con quattro arresti e altri sotto indagine: si è con concluso così il sequestro di Andrea Calevo. Alle 9 del mattino del 31 dicembre 2012 davanti alla caserma dei carabinieri della Spezia uomini del Ros dei carabinieri e dello Sco della polizia si ritrovano per partecipare al blitz destinato a liberare l'imprenditore di 31 anni sequestrato nella sua villa di Lerici il 16 dicembre. Alle 11,40 un serpentone di auto e mezzi si stacca dalla caserma per andare nel luogo dove è stata accertata la presenza dell'ostaggio: una villetta di via del Campo, zona industriale di Sarzana. Andrea Calevo è solo. Una ventina di poliziotti fa irruzione. In uno sgabuzzino ricavato dallo scantinato, un budello di 2 metri per 1, c'è qualcuno che batte forte. È Andrea Calevo, mani e piedi legati da catene. L'imprenditore si mette a piangere, chiede un cellulare, chiama sua madre Sandra e poi dice 'graziè. È la fine dell'incubo che dura da 15 giorni.

I SOSPETTI Vengono fermati, con l'accusa di sequestro di persona aggravato in concorso Pierluigi Destri, 70 anni, pluripregiudicato, considerato l'organizzatore del sequestro e capobanda, suo nipote Davide Bandoni, 23 anni, l'operaio edile albanese Fabjian Vila. Stamani un quarto fermo, un altro albanese collega di Vila, Simon Hallalaj. Uno dei fermati collabora con gli inquirenti. Gli investigatori fanno sapere che la banda dei sequestratori potrebbe essere composta da almeno sette persone e indagini sono in corso su un altro gruppo di circa 20 elementi A incastrare definitivamente i quattro sequestratori, oltre alla pizza ordinata per uno e destinata a due persone, ci sarebbe anche una telecamera che ha inquadrato, la sera del sequestro, l'Audi di Calevo seguita da una utilitaria bianca la cui targa ha direttamene rimandato a Destri. Da questa traccia, gli inquirenti sono partiti mettendo sotto osservazione le celle telefoniche in entrata e in uscita del quadrante. In questo modo, la rete cellulare che funziona come un gps, ha collocato Destri a Pisa proprio nel momento in cui faceva la prima telefonata alla famiglia Calevo, il 17 dicembre, da una cabina telefonica in Piazza dei Miracoli a Pisa. «Sei sua sorella? Prepara i soldi», aveva detto Destri alla sorella di Andrea, Laura. E poi basta. Il capo della Dda Michele Di Lecce lo definì «un contatto evanescente».

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