Per
una strana bizzarria del destino sono accaduti di sera i
fatti più importanti della mia vita. Di sera sono nata; de
sera
mio marito mi ha chesto di sposarlo; di sera ho avuto il primo
bambino.
Una sera, al reparto di Patologia neonatale, mi hanno detto che il
secondogenito sarebbe nato con problemi; probabilmente non avrebbe
potuto camminare. Da quel momento la mia vita venne sconvolta. Il bimbo
nacque, ma per me e mio marito cominciò un calvario.
Lavoravamo
senza soste, otto-nove ore al giorno tutti i giorni della settimana,
tralasciando le uscite con gli amici, per amore di quel piccolo; c'era,
inoltre, da occuparsi della casa e del primogenito, più
grande
solo di dieci mesi. Ma le nostre fatiche erano state premiate da una
meravigliosa conquista: il bimbo aveva cominciato a "gattonare". Questo
avrebbe dovuto accendermi di entusiasmo e invece da qualche giorno mi
sentivo depressa, svuotata di ogni energia e demotivata. Pensavo fosse
la stacnhezza di mesi e cercavo di stringere i denti e andare avanti.
Ma la sera di San Martino intuii la verità da una battuta
scherzosa di mio marito, che tentava di sollevarmi il morale: "Con
tutta questa ginnastica, invece di dimagrire stai ingrassando".Fu come un'illuminazione. Mi ricordai che ero in ritardo di un mese. In preda all'agitazione, andai a guardarmi allo specchio e mi resi conto che il mio corpo era cambiato. Chiesi a mio marito se davvero mi trovava ingrassata e lui sembrò intuire ciò che pensavo. Mi disse: "Non dirmi che sei...". Non sapevo cosa rispondere e mi sedetti sul letto senza guardarlo. Lui uscì dalla stanza; lo sentii mettersi le scarpe e uscire di casa frettolosamente. Ritornò, dopo non so' quanto tempo, con un test di gravidanza. Me lo porse e mi pregò di farlo subito. Io,con un nodo alla gola, ubbidii, ma non ebbi il coraggio di controllare l'esito. Andò lui in bagno a verificare. Non lo vidi più ritornare e dal suo silenzio capii che stavo aspettando il terzo bambino. Mi sentii mancare il respiro e un brivido di freddo mi percorse il corpo. Non sentivo più la terra sotto i piedi; non riuscivo a parlare, nè a pensare. Ma come! Già adesso non avevamo mai tempo per nulla e dovevamo limitare il riposo notturno per riordinare, lavare, stirare, cucinare (specialmente per il secondo figlio, allergico a tanti cibi): Dove avremmo potuto trovare il tempo per un neonato? Anche dal punto di vista economico non era un buon momento. Le visite per il secondo figlio, gli attrezzi per le terapie, le medicine, la dieta particolare...avevano dato fondo ai nostri risparmi. E io avevo dovuto lasciare il lavoro.
Infine, il dubbio che mi lacerava l'anima. Se il secondogenito era nato
prematuro e aveva avuto un così difficile destino, c'erano
molte
possibilità che il fratellino in arrivo fosse come lui.
Quella
notte non andammo a dormire. Facemmo l'alba girando e rigirando le
stesse ragioni, valutando le conseguenze sia nel caso avessimo
deciso
di tenere il bambino sia che avessimo deciso di non farlo nascere. Alla
fine decidemmo di posticipare la scelta il più possibile. Il
medico che mi fece l'ecograffia e la psicologa dalla quale andai a
colloquio non mi furono di alcun aiuto. Tornai a casa con il
certificato di interruzione di gravidanza in mano. Intanto parlavo con
il bambino nella pancia. Gli dicevo: "Perdonami, non possiamo farti
vivere. Se fosse stato un altro momento, se tuo fratello non fosse
ammalato, se avessimo la casa più grande, se fossi sicura
che
sei sano, se fossimo ricchi, se ci fosse qualcuno disposto ad
aiutarmi...Allora...sì"
Nei giorni seguenti il mio pensiero era sempre rivolto a quell'esserino dal destino segnato. La suggestione era tanta che in alcuni momenti mi sembrava di sentirlo muovere, ma non avevo il coraggio di toccarmi la pancia e parlargli, per paura di affezionarmici. Ma lui continuava a farmi sentire la sua presenza con le nausee persistenti e i vestiti che diventavano stretti. Mentre chiedevo a Dio perchè mi faceva soffrire così, vidi una trasmissione in cui si parlava dei Centri aiuto alla vita. Chiamai. Da quel momento si è aperta una rete di solidarietà di cui non conoscevo l'esistenza. E' nato il terzo figlio. Non posso dire che la mia vita sia più semplice, anzi, il suo arrivo ha sconvolto nuovamente tutta la nostra vita. Ci sono i suoi bisogni da soddisfare, la gelosia dei fratelli, le notti insonni, il programma dell'altro figlio, lo spazio che manca in casa, la stanchezza che si accumula. Però quando gli dò il biberon, gli faccio il bagnetto, lo cambio, lo stringo fra le braccia, e vedo che cresce bene, mi sento orgogliosa di me stessa, dei miei figli e di mio marito e provo pietà per tutte le mamme che non hanno voluto o non hanno potuto accogliere la vita.
Nei giorni seguenti il mio pensiero era sempre rivolto a quell'esserino dal destino segnato. La suggestione era tanta che in alcuni momenti mi sembrava di sentirlo muovere, ma non avevo il coraggio di toccarmi la pancia e parlargli, per paura di affezionarmici. Ma lui continuava a farmi sentire la sua presenza con le nausee persistenti e i vestiti che diventavano stretti. Mentre chiedevo a Dio perchè mi faceva soffrire così, vidi una trasmissione in cui si parlava dei Centri aiuto alla vita. Chiamai. Da quel momento si è aperta una rete di solidarietà di cui non conoscevo l'esistenza. E' nato il terzo figlio. Non posso dire che la mia vita sia più semplice, anzi, il suo arrivo ha sconvolto nuovamente tutta la nostra vita. Ci sono i suoi bisogni da soddisfare, la gelosia dei fratelli, le notti insonni, il programma dell'altro figlio, lo spazio che manca in casa, la stanchezza che si accumula. Però quando gli dò il biberon, gli faccio il bagnetto, lo cambio, lo stringo fra le braccia, e vedo che cresce bene, mi sento orgogliosa di me stessa, dei miei figli e di mio marito e provo pietà per tutte le mamme che non hanno voluto o non hanno potuto accogliere la vita.
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