ROMA - Martedì 12 febbraio, per la prima volta in Italia,
ginecologi e ostetriche dei punti
nascita pubblici e privati
incroceranno le braccia in uno sciopero nazionale che coinvolgerà 15mila
professionisti. Niente visite di controllo o ecografie per
verificare l'andamento delle gravidanze e, soprattutto, niente cesarei
programmati. Questo si traduce con il rinvio di circa 1.100 interventi.Gli specialisti si dicono stanchi da un lato dei continui tagli che rischiano di mettere in ginocchio la sanità italiana e dall'altro dell'esplosione del contenzioso medico-legale che non permette più a medici e sanitari di lavorare con la dovuta serenità.
CHIUSI ANCHE I CONSULTORI «Non vogliamo che le donne subiscano danni - assicura Carmine Gigli, presidente Fesmed, il sindacato dei medici dirigenti che operano nei punti nascita, tra i promotori della protesta cui hanno aderito le maggiori sigle della categoria - per cui sarà garantita la continuità delle prestazioni indispensabili».
Ma difficoltà ci saranno, tanto che nei corridoi di Asl e ospedali si moltiplicano gli avvisi ai cittadini dello sciopero e della possibilità di «disagi e rallentamenti» anche per «le attività di ambulatori di ostetricia e ginecologia». Lo stop, avvertono i sindacati, riguarderà anche l'attività dei consultori familiari e di tutti gli ambulatori ostetrici del territorio, dove non verranno effettuati esami clinici, visite specialistiche ed ecografie.
La manifestazione nazionale, spiega Gigli, sarà a Palermo, ma in tutti i capoluoghi ci saranno conferenze e incontri per rinnovare l'appello alla politica e alle istituzioni a intervenire. A nulla sono serviti i (pochi) tentativi di mediazione da parte del ministero della Salute per evitare la clamorosa protesta. Subito dopo l'annuncio dei sindacati, il ministro Renato Balduzzi ha incontrato i professionisti, che hanno ringraziato «per la rapidità della convocazione e per la disponibilità ad ascoltare le richieste» ma hanno tirato dritto, con il dichiarato intento di attirare l'attenzione «di tutte le forze politiche» a poco meno di due settimane dal voto.
Le richieste sono chiare: prima di tutto va attuato il riassetto dei punti nascita, già concordato tra Stato e Regioni, ricorda Gigli «nel dicembre 2010» e «con precise indicazioni per la loro qualità e messa in sicurezza. Dalla chiusura di quelli troppo piccoli, alla guardia ginecologica e pediatrica attiva h24, ad un numero sufficiente di ostetriche nei reparti e alla predisposizione di sale operatorie vicino alle sale parto». Da allora, è la denuncia, si è registrato un nulla di fatto ma «quando le strutture non garantiscono standard adeguati la responsabilità ricade sul medico». Che inevitabilmente si rifugia nella medicina difensiva e che è lasciato solo davanti al contenzioso medico legale e con premi assicurativi che, quando si riesca a stipularli, ormai sono schizzati alle stelle arrivando anche a 30mila euro l'anno. L'intervento sul contenzioso e sulle assicurazioni è la seconda richiesta dei professionisti, anche perchè il tentativo messo in campo dalle norme del decreto Balduzzi, dicono, non è sufficiente,oltre a non essere ancora operativo.
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