mercoledì 9 maggio 2012

MARCELLA, UCCISA A 29 ANNI DAVANTI ALLA FIGLIA: ERGASTOLO AL LADRO-OMICIDA

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VITERBO - Ergastolo: questa la pena inflitta oggi dalla Corte d'Assise di Viterbo a Giorgio De Vito, 37 anni, napoletano, accusato di aver assassinato a coltellate Marcella Rizzello, 29 anni, nella sua casa a Civita Castellana, sotto gli occhi della figlia Giada, che all'epoca dei fatti, il 3 febbraio 2010, aveva solo 14 mesi. De Vito uccise la giovane donna mentre stava compiendo un furto nella sua abitazione: Marcella Rizzello lo scoprì è urlo e lui la accoltellò. L'imputato è stato anche condannato a un anno di isolamento diurno e al risarcimento dei danni ai familiari della vittima. La Corte ha così accolto tutte le richieste dell'accusa, rappresentata dal Pm Renzo Petroselli. Il difensore dell' imputato, l'avvocato Enrico Valentini, aveva invece chiesto l'assoluzione o, in subordine, la condanna al minimo della pena e la concessione delle attenuanti generiche. Il legale, dopo la lettura del verdetto, avvenuta dopo circa 3 ore di camera di consiglio, ha annunciato il ricorso in appello. De Vito ha ascoltato impassibile il presidente della Corte che pronunciava la parola ergastolo. Solo quando è uscito dall'aula per essere riaccompagnato in carcere, ha avuto un momento di commozione. La madre della vittima, Lucia Prastaro, è stata colta da malore.

Il corpo della giovane donna fu trovato dal compagno disteso sul pavimento della camera da letto in un lago di sangue. La figlioletta Giada era sul letto che piangeva disperata. Dalle indagini emerse che era stata uccisa con 28 coltellate. Quella mortale le fu sferrata al collo e le recise l'aorta. I carabinieri batterono circa due mesi e mezzo numerose piste, finchè il 17 maggio successivo sopraggiunse un fatto decisivo: De Vito, fino ad allora mai entrato nelle indagini, fu arrestato per aver tentato di uccidere a colpi di scimitarra il suo rivale in amore. Un operaio con il quale da circa un mese conviveva la sua ex compagna Mariola Michta, polacca, 34 anni. I militari confrontarono il Dna dell'uomo con quello estratto dalle tracce ematiche trovate nella casa di Marcella. Risultò totalmente compatibile. Per lui scattò l'accusa di omicidio volontario aggravato. Pochi giorni dopo fu arrestata, per concorso negli stessi reati, anche Michta, la quale confessò subito di essere stata nell'appartamento della vittima insieme all'allora compagno per compiere un furto. Ma Marcella si mise ad urlare e De Vito l'accoltellò. Aggiunse che se non avesse protetta la bambina con il suo corpo, avrebbe ucciso anche lei.


Alcuni mesi dopo la confessione, Michta fu condannata con il rito abbreviato a 18 anni di carcere. Poco dopo però sopraggiunse un altro colpo di scena: i carabinieri accertarono che la mattina del delitto Michta non era a Civita Castellana, ma si trovava al Cto di Roma per una visita ortopedica. Circostanza confermata dalla data delle radiografie e dai registri dell'ospedale. Tanto che la Corte d'Appello l'ha poi assolta per non aver commesso il fatto. Non ha però mai chiarito le ragioni per cui si era autoaccusata. Nel frattempo, De Vito è stato sottoposto a una perizia psichiatrica dalla quale è emerso che il giorno del delitto era in grado di intendere e di volere. Una conclusione in contrasto con un'altra perizia disposta nell'ambito del processo per il tentato omicidio del suo rivale in amore, secondo la quale era parzialmente incapace di intendere e di volere. Per dirimere la questione, il suo difensore ha chiesto una terza perizia, ma la Corte d'Assise ha rigettato la richiesta. Infine, la condanna all'ergastolo comminata oggi

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