BRINDISI - Chiede la condanna del ministero di Grazia e Giustizia al risarcimento di danni pari a 500mila euro, Claudio Strada, l'elettrotecnico brindisino di 49 anni
che, due giorni dopo la strage di Brindisi si trovò improvvisamente a
vestire i panni dello stragista, il «mostro da sbattere in prima
pagina», come si legge nell'atto di citazione depositato questa mattina a
Roma dall'avvocato Francesco De Jaco. L'uomo non è mai stato indagato ma solo sospettato:all'epoca dei fatti fu interrogato dalla polizia e poi rilasciato. Era il 21 maggio scorso,
due giorni dopo l'esplosione davanti ai cancelli della Morvillo Falcone
in cui perse la vita Melissa Bassi e rimasero ferite altre 5 ragazze, quando il 49enne
fu prelevato dalla propria abitazione e condotto in questura, insieme
alla figlioletta di tre anni. L'uomo tornò a casa nel tardo pomeriggio.
Nel frattempo le sue generalità si erano già diffuse, tanto da fargli
rischiare il linciaggio.
VUOLE 500.000 EURO DI RISARCIMENTO Ora, l'uomo punta il dito contro il ministero di Grazia e Giustizia, responsabile, a suo dire, delle fughe di notizie che poi generarono la curiosità dei media e la diffusione di dati sulle «caratteristiche della sua famiglia e della sua attività», elementi che servirono ad «alimentare contro di lui odio, rancore e sentimenti di vendetta» che misero a repentaglio «la sua incolumità e quella della famiglia». Non solo: l'uomo avrebbe riavuto indietro il materiale che fu sequestrato nella sua abitazione solo nei primi giorni di luglio e fino ad allora non gli sarebbe stato possibile riprendere normalmente a lavorare. L'accaduto avrebbe «inciso sullo stato di salute psico - fisica» dell'uomo che tuttora «è costretto a ricorrere a cure mediche specialistiche e al sostegno di uno psicologo», si legge nell'atto. Come se non bastasse «la convivente, madre della sua piccola figliola - la bimba che fu costretta a seguirlo in questura, perchè non c'era nessuno che potesse prendersene cura in quei momenti - per timore di azioni impreviste e imprevedibili ha chiesto e ottenuto dal Tribunale dei minori di Lecce di potersi trasferire in altra città portando con sè la bambina».
VUOLE 500.000 EURO DI RISARCIMENTO Ora, l'uomo punta il dito contro il ministero di Grazia e Giustizia, responsabile, a suo dire, delle fughe di notizie che poi generarono la curiosità dei media e la diffusione di dati sulle «caratteristiche della sua famiglia e della sua attività», elementi che servirono ad «alimentare contro di lui odio, rancore e sentimenti di vendetta» che misero a repentaglio «la sua incolumità e quella della famiglia». Non solo: l'uomo avrebbe riavuto indietro il materiale che fu sequestrato nella sua abitazione solo nei primi giorni di luglio e fino ad allora non gli sarebbe stato possibile riprendere normalmente a lavorare. L'accaduto avrebbe «inciso sullo stato di salute psico - fisica» dell'uomo che tuttora «è costretto a ricorrere a cure mediche specialistiche e al sostegno di uno psicologo», si legge nell'atto. Come se non bastasse «la convivente, madre della sua piccola figliola - la bimba che fu costretta a seguirlo in questura, perchè non c'era nessuno che potesse prendersene cura in quei momenti - per timore di azioni impreviste e imprevedibili ha chiesto e ottenuto dal Tribunale dei minori di Lecce di potersi trasferire in altra città portando con sè la bambina».
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