ROMA - Si allontana l'attribuzione dell'ultima tranche dei rimborsi elettorali ai terremotati.
Il decreto che doveva accelerare i tempi per bloccare lo stanziamento
di fine luglio alle forze politiche, infatti, è stato bloccato, proprio
nel giorno in cui il presidente del Senato
torna a lanciare un monito affinchè le forze politiche mettano mano con
coraggio alla riforma del finanziamento pubblico ai partiti. «Il
finanziamento pubblico dei partiti deve essere ridotto», ha dettato ieri
Schifani, «ma soprattutto servono regole da codificare
e da rendere obbligatorie all'interno di ogni compagine politica,
possibilmente accompagnate da sanzioni severe per coloro che le
disattendono».
Il presidente del Senato è intervenuto a palazzo Madama alla presentazione di un libro del ministro Riccardi alla presenza del presidente del Consiglio.
E proprio in Senato è in corso l’esame della riforma sul finanziamento
pubblico. Intanto, come si diceva, si infittisce il mistero dell’ultima
tranche dei rimborsi elettorali da destinare ai terremotati dell’Abruzzo e dell’Emilia, in un rimpallo di responsabilità tra governo, partiti e Camere.
Ricapitoliamo. L’articolo 16 del disegno di legge n. 3321 approvato dalla Camera dei Deputati
il 24 maggio scorso, votato in modo trasversale dalle forze politiche
sull’onda dell’emozione per il sisma, prevedeva che «i risparmi derivati
dall’attuazione dell’articolo 1 negli anni 2012 e 2013» (e cioè il
dimezzamento dei rimborsi elettorali pari a 91 milioni nel 2012 e a 69
nel 2013 per un totale di 160 milioni) venissero destinati ai
terremotati «colpiti da calamità naturali a partire dal I gennaio 2009».
E dunque non solo quelli dell’Emilia ma anche dell’Aquila.
Sulla carta, però. La Camera ha infatti varato un ddl che non prevede
l’immediata entrata in vigore del testo, ma che si rifà ai rituali 15
giorni per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale,
più altri 15 necessari al Tesoro per stornare i fondi. Il fatto è che
il 31 luglio prossimo i rimborsi elettorali, se non interviene prima una
norma ad hoc, entreranno nella piena disponibilità dei partiti. Il tam
tam della Rete e la denuncia di due senatori radicali, Poretti e Perduca,
aveva sollevato nei giorni scorsi l’allarme: il termine, sostenevano,
sarebbe scaduto il primo luglio. Ergo: serve un decreto d’urgenza del
governo che eviti il furto dei soldi per i terremotati.
Molti, Pd in testa, negano che quella sia la data giusta e ne indicano
un’altra: il 31 luglio, appunto, quando effettivamente la rata di
finanziamento ai partiti verrebbe a scadenza. In più, giudicano già
«indisponibili» per i partiti quei soldi, visto che un ramo del
Parlamento ha già deciso sul loro utilizzo. Perduca e i radicali
ribattono ironici: le leggi diventano tali quando ad approvarle sono le
due Camere... E il guaio è che il ddl sui partiti è stato trasmesso al
Senato il 20 giugno, ma ad oggi non ha fatto un passo in avanti. E’
all’esame della I commissione, Affari costituzionali, presieduta da
Carlo Vizzini, nell’occhio del ciclone per le riforme istituzionali che
si rimpalla con l’aula, già ingolfata da tre decreti da convertire.
Insomma, tutto esaurito.
Senza dire che se il ddl venisse cambiato anche in un solo articolo
(cosa molto probabile) dovrebbe tornare un’altra volta alla Camera.
Stando così le cose, e prefigurando già l’inevitabile flop, Vizzini
aveva ottenuto nelle scorse settimane formale garanzia dal ministro per
la Funzione pubblica, Patroni Griffi,
che il governo avrebbe fatto un decreto ad hoc. Decreto che però non è
arrivato né il 27 giugno né, come molti senatori credevano, ieri, 2
luglio, nonostante una riunione lampo del Consiglio dei ministri
convocato per altre scadenze.
Il governo, infatti, per il momento di nuovi decreti non vuol sentir
parlare: «E’ il Senato che ha perso tempo, ma possono recuperare»,
spiegano al ministero per i Rapporti con il Parlamento. Vizzini
non ci sta: «Il governo si era impegnato solennemente a fare e subito
il decreto, vorrà dire che farò ritirare tutti gli emendamenti e manderò
il ddl sui partiti in aula subito, anche senza relatore». Il guaio è
che gli emendamenti sono oltre duecento e che alcuni partiti (radicali
in testa) non intendono ritirarli.
Si prevedono due settimane, almeno, di passione, tra commissione e aula.
«Al massimo riusciamo ad approvarlo prima della pausa agostana»,
sospira il democrat Stefano Ceccanti. I soldi per i terremotati
finirebbero così dritti nelle tasche dei partiti. Il tesoriere del Pd,
Antonio Misiani, lo nega: «I nostri 29 milioni no di certo, li daremo ai
terremotati in ogni caso».
Nessun commento:
Posta un commento