giovedì 20 settembre 2012

SEXY RICATTO ALLA DIPENDENTE INCINTA: "DIMETTITI O DIAMO IL VIDEO HOT A TUO MARITO"

 

TREVISO - Un ricatto a luci rosse per farla dimettere, perché incinta, e con un contratto a tempo indeterminato appena firmato. Tanto è bastato ad una dipendente del trevigiano a far scattare da parte dei datori di lavoro un ricatto a luci rosse per indurla al licenzimento. Secondo la procura gli imprenditori Alvise Dozza, 44 anni, e Roberta De Conto, 56 anni, insieme al detective privato Marco Milillo avrebbero messo in atto l'estorsione ai danni della donna, che non ha esitato a denunciarli. I tre sono stati rinviati a giudizio e negano la condotta scorretta.

Da quanto emerso dalle indagini della procura, sarebbe stata in particolare la De Conto a infierire sulla dipendente. L'imprenditrice avrebbe detto alla donna di essere in possesso di foto e filmati talmente compromettenti da mettere a rischio il suo matrimonio, proprio nel momento in cui la donna aveva annunciato la gravidanza. 

Ma il ricatto non ha fatto presa sulla vittima, che ha denunciato i titolari e l'investigatore privato. I difensori dei tre sostengono che «Il detective non c’entra e ci sono delle registrazioni a testimoniarlo. Qui siamo di fronte a una controversia prettamente civilistica, da giudice del lavoro che è stata fatta diventare penale. Tutto nasce da un contratto a tempo determinato diventato, dopo due rinnovi, a tempo indeterminato».

E aggiunge: «Dopo 24 ore dall'ultimo rinnovo la dipendente ha chiesto di stare a casa perché era incinta. A quel punto la ditta ha ingaggiato il detective che, amico di famiglia della donna che doveva pedinare, ha cercato di dare una mano per appianare la controversia. Ma così è finito sul banco degli imputati, ma è estraneo a qualsivoglia condotta estorsiva».

1 commento:

  1. Allucinante che si arrivi al ricatto, con tanto di investigatore privato. Allucinante e immorale. Ma devo anche dire che è il sistema italiano a non funzionare. Una dipendente in gravidanza ha un costo altissimo per un'azienda, un costo pagato in toto dal datore di lavoro. Il sociale lo fanno i privati e non è giusto. Una donna in maternità è giusto che sia pagata comunque, ma non da un comune e privato cittadino che spesso è anche in difficoltà, in questo tempo di crisi. Così le gravidanze che "scattano" il giorno dopo aver ottenuto il contratto indeterminato si trasformano in veri "pacchi" tirati al datore di lavoro. Non è giusto che un privato cittadino debba pagare per mesi un dipendente che non lavora. Questo onere dovrebbe competere allo stato, invece il datore di lavoro è tenuto a tirare fuori di tasca sua mensilmente stipendio, dodicesima, tredicesima, stipendio doppio se un giorno festivo cade di domenica, ecc. Quei soldi poi verranno detratti sui contributi futuri ma non è semplice e nemmeno scontato ottenerli. E intanto si è dovuto tirarli fuori. Poi, finita la maternità, che a volte dura anche un anno, la dipendente rientra e tra allattamenti e malattie continua a non rendere e prendere stipendio pieno. Un salasso per un datore di lavoro. Non condivido assolutamente i mezzi attuati da questi datori di lavoro ma capisco il loro stato d'animo. Il sociale dovrebbe farlo lo stato.

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