Chiamava al telefono le vittime, spesso studentesse universitarie fuori sede, spacciandosi per un medico dell'ospedale Maggiore o del Policlinico Sant'Orsola di Bologna.
Per carpirne la fiducia, citava esami o sospette patologie per cui la
ragazze si erano sottoposte a visite o esami. Poi le invitava a compiere
atti di autoerotismo o a inviare foto delle parte intime per aiutarlo
nella 'diagnosì. Per questo Sisto Salvatore Urgo, 30 anni, del Materano,
è stato arrestato al termine di un'indagine della polizia postale che
ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per violenza
sessuale aggravata, chiesta dal Pm Francesco Caleca e firmata dal Gip
Bruno Giangiacomo. L'uomo era già ai domiciliari per un'altra vicenda di
violenza sessuale.
L'indagine è partita a febbraio dalla denuncia di una studentessa bolognese finita nella trappola, seguita nei mesi successivi dalle denunce di altre quattro giovani iscritte all'università di Bologna e in seguito da quelle di altre ragazze, residenti in varie città d'Italia: Forlì, Savona, Trieste, Firenze, Grosseto, Fermo e Foggia. Sebbene non ci sia mai stato contatto fisico fra uomo e vittime, per gli inquirenti si è configurata comunque la violenza sessuale, per avere violato l'autodeterminazione delle vittime nella loro sfera sessuale, aggravata dall'essersi qualificato come pubblico ufficiale. Dall'arresto, il 31 ottobre, il trentenne è in carcere a Matera. All'interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere. Le indagini proseguono per chiarire le modalità di raccolta delle informazioni sanitarie sulle donne e individuare eventuali altre vittime. Un invito a «vincere il comprensibile e naturale pudore per fare denuncia» è arrivato infatti dal procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini. Quello del possesso dei dati sensibili delle vittime è uno dei particolari che più inquieta nell'indagine (e su cui proseguono gli accertamenti).
Il ragazzo non solo aveva i numeri di telefono delle donne, ma sapeva dettagli della loro vita e che si erano sottoposte ad esami o visite. Nell'ordinanza di custodia cautelare si ipotizza che una parte delle informazioni sulla vita personale delle giovani sia stata carpita anche tramite social forum. Ma l'uomo potrebbe aver partecipato a forum online in materia di cure mediche. In via ipotetica però non si può escludere che ci possa essere stato un accesso abusivo ad archivi.
L'indagine è partita a febbraio dalla denuncia di una studentessa bolognese finita nella trappola, seguita nei mesi successivi dalle denunce di altre quattro giovani iscritte all'università di Bologna e in seguito da quelle di altre ragazze, residenti in varie città d'Italia: Forlì, Savona, Trieste, Firenze, Grosseto, Fermo e Foggia. Sebbene non ci sia mai stato contatto fisico fra uomo e vittime, per gli inquirenti si è configurata comunque la violenza sessuale, per avere violato l'autodeterminazione delle vittime nella loro sfera sessuale, aggravata dall'essersi qualificato come pubblico ufficiale. Dall'arresto, il 31 ottobre, il trentenne è in carcere a Matera. All'interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere. Le indagini proseguono per chiarire le modalità di raccolta delle informazioni sanitarie sulle donne e individuare eventuali altre vittime. Un invito a «vincere il comprensibile e naturale pudore per fare denuncia» è arrivato infatti dal procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini. Quello del possesso dei dati sensibili delle vittime è uno dei particolari che più inquieta nell'indagine (e su cui proseguono gli accertamenti).
Il ragazzo non solo aveva i numeri di telefono delle donne, ma sapeva dettagli della loro vita e che si erano sottoposte ad esami o visite. Nell'ordinanza di custodia cautelare si ipotizza che una parte delle informazioni sulla vita personale delle giovani sia stata carpita anche tramite social forum. Ma l'uomo potrebbe aver partecipato a forum online in materia di cure mediche. In via ipotetica però non si può escludere che ci possa essere stato un accesso abusivo ad archivi.
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