giovedì 14 giugno 2012

TERREMOTO IN EMILIA, LE SCOSSE DEL 20 E 29 MAGGIO "AVVENUTE SU FAGLIE DIVERSE"

ROMA - I terremoti del 20 e del 29 maggio, sarebbero avvenuti su faglie diverse. A rilevarlo sono state le analisi dei ricercatori Ingv per individuare le faglie su cui sono avvenuti i terremoti in Emilia. Dopo avere mappato nel dettaglio i movimenti del suolo avvenuti, grazie ai satelliti italiani Cosmo-SkyMed, incrociando dati geologici, sismologici e di deformazione del suolo, i ricercatori hanno infatti generato dei modelli fisico-matematici delle faglie, con i quali hanno simulato gli stessi movimenti della superficie terrestre che vengono osservati dai satelliti. «Utilizzando computer molto potenti -spiega l'Ingv- sono state infatti generate decine di migliaia di mappe di deformazione simulate, che sono state confrontate con le deformazioni osservate dai satelliti». «Al termine di questa procedura -continua l'Ente di ricerca- si è individuato il modello di faglia che meglio riproduce i movimenti del terreno osservati». «Questi risultati sono solo preliminari ma -afferma l'Ingv- suggeriscono che i due eventi più forti della sequenza, il 20 e il 29 maggio, siano avvenuti su faglie diverse, tra loro all'incirca parallele». «Queste faglie -dice l'Ente di ricerca- possono essere visualizzate come dei piani di frattura lungo i quali si ha lo scorrimento dei due blocchi di crosta terrestre: il blocco a Sud della faglia è salito sopra il blocco a Nord, e per questo si chiamano sovrascorrimenti, causando sollevamenti del suolo di 10-15 cm». «Entrambi i piani di frattura -continua ancora l'Ingv- si fermano a qualche centinaio di metri di profondità e, quindi, non arrivano ad intersecare la superficie. Un eventuale affioramento delle faglie in superficie avrebbe causato molti più danni nelle zone interessate». L'Ingv riferisce inoltre che «le faglie individuate corrispondono molto bene a strutture mappate in profondità con studi geologici». «Si tratta di strutture vecchie di milioni di anni, generate dalla spinta dell'Appennino settentrionale verso le Alpi» e, conclude l'Ente di di ricerca, «la conoscenza di dettaglio della posizione e delle caratteristiche delle faglie attive è un elemento fondamentale per generare mappe di pericolosità sismica sempre più affidabili».

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