ROMA - Finalmente libera. È finito l’incubo di Rossella Urru, la
cooperante italiana sequestrata lo scorso ottobre in Algeria insieme a
due colleghi spagnoli.
La liberazione è avvenuta in Mali, nella regione
di Goa. A confermare la notizia, che circolava già dalla mattina, è
stato in serata il ministro degli Esteri, Giulio Terzi. «Rossella è il
simbolo del coraggio, della dignità e della fierezza delle donne
italiane, che lavorano in terreni di cooperazione. È figlia dell'Italia
migliore», ha commentato il capo della Farnesina. «Sollievo e gioia»
anche da parte del Quirinale: Giorgio Napolitano ha espresso la propria
personale partecipazione ai familiari della Urru e ha voluto ringraziare
i servizi segreti «per la loro tenace iniziativa e per il felice esito
raggiunto».
Rossella Urru sta bene: da Timbuctù, dove è stata consegnata nelle mani
dei mediatori, è stata trasferita nel Burkina Faso insieme ai due
colleghi spagnoli, Ainhoa Fernández del Rincón ed Enric Gonyalons. Poi,
sarà diretta in Italia, dove il suo paese Samugheo (Oristano) si prepara
a riabbracciarla.
«Considerateli liberi perché le nostre condizioni sono state
rispettate», aveva anticipato Mohammed Ould Hicham, esponente del
Movimento per l'unità e la jihad in Africa occidentale (Mujao), lo
stesso che ha effettuato il sequestro. Le condizioni per il rilascio -
ha spiegato - erano la liberazione di tre prigionieri islamisti,
«detenuti da un paese islamico» e il pagamento di un riscatto. La
svolta, secondo l'agenzia mauritana Ani, sarebbe stata il rilascio di
Mamne Ould Oufkir, arrestato lo scorso 4 dicembre in Mauritania perché
sospettato di essere coinvolto nel sequestro dei tre. Il suo nome
figurava nella lista dei detenuti salafiti da liberare in cambio della
cooperante italiana, avanzata dal Mujao.
Rossella Urru, 29 anni, impegnata presso il Comitato Internazionale per
lo Sviluppo dei Popoli, era stata rapita in un campi di rifugiati
sarahui a Rabuni, vicino a Tindouf, in Algeria. Già altre volte si era
sparsa la voce di una sua imminente liberazione, ma le voci si erano
rivelate infondate. Ieri, dopo 270 giorni, il lieto fine a una vicenda
che ha tenuto tutta Italia col fiato sospeso.
FESTA IN SARDEGNA. E immediatamente a Samugheo, il
paese di origine della Urru in Sardegna, è scoppiata la gioia con le
campane che hanno iniziato a suonare a festa mentre caroselli di auto
salutavano la liberazione. «È tutto vero», confermava anche Mauro, il
fratello di Rossella, rimasto nell'isola mentre i genitori erano già a
Roma, alla Farnesina. In attesa di rivedere Rossella che potrebbe
arrivare nella capitale a stretto giro: «sono emozionatissima, non vedo
l'ora di riabbracciarla», le prime parole della mamma. L'incubo di
Rossella - una vicenda che ha registrato una grande partecipazione
dell'opinione pubblica con una vasta mobilitazione - è finito oggi in
una non precisata località del nord del Mali (da mesi saldamente in mano
jihadista).
IL RAPIMENTO. La Urru ed i suoi due colleghi erano
stati rapiti il 23 ottobre scorso nel campo Rabouni, a Tindouf, dove c'è
la più grossa comunità di saharawi, gli abitanti dell'ex Sahara
spagnolo che non accettano la sovranità marocchina. A sequestrarli un
gruppo armato che, a bordo di pick-up, fece irruzione nel campo e li
prelevò, sparendo letteralmente nella notte e lasciando aperti molti
interrogativi, perchè, colpendo i cooperanti, si colpiva il popolo
saharawi, manifestamente sostenuto dai movimenti islamici. È ancora
presto per capire cosa sia accaduto in questi lunghi mesi e,
soprattutto, cosa realmente si nasconda dietro questo sequestro che ha
reso «famoso» il Movimento per l'unicità e la jihad nell'Africa
occidentale, gruppuscolo dalle origini oscure, praticamente sconosciuto
sino a pochi mesi fa e che ora dialoga con i Paesi (anche se i dinieghi
ufficiali su presunte trattative sono unanimi) e si impone come
protagonista nella magmatica situazione del nord del Mali, con una
disponibilità economica sospetta, anche se si pensa che per rilasciare i
suoi ostaggi si faccia pagare e bene.
GIALLO. Ma, quali che possano essere gli accordi per il
rilascio, sarebbe ben difficile capire come il Mujao abbia potuto, in
un periodo brevissimo, fare un tale salto di qualità (che significa armi
e uomini, da pagare bene entrambi), anche con attentati
sanguinosissimi, soprattutto in Algeria. Nei mesi scorsi il Mujao aveva
chiesto, per la liberazione di Rossella Urru e Ainhoa Fernandez de
Rincon, trenta milioni di euro. Nella trattativa non era stato fatto
entrare il nome di Gonyalons, perchè il Mujao voleva usare la sua
minacciata eliminazione come leva nei confronti del governo di Madrid
per ammorbidirne l'intransigenza. Dopo il no ufficiale alla quella prima
richiesta, è seguito il silenzio, che in questi casi spesso significa
che i contatti sono stati riallacciati nel più totale segreto, magari
servendosi di mediatori. Come possono essere stati i notabili arabi che,
nel nord del Mali islamico, mantengono intatta la loro autorevolezza.
GEOGRAFIA. Quanto sta accadendo dà la netta impressione
che, nell'alleanza islamica del nord del Mali, i gruppi che ne fanno
parte abbiano ormai compiti ben precisi: Aqmi incarna l'ala militare;
Ansar Dine impone la sharia nelle regioni 'liberatè; il Mujao gestisce i
sequestri. E lo fa anche bene, perchè limita al massimo i comunicati,
centellina le notizie (come ha fatto nel caso di Rossella Urru) e usa
alcuni media «non ostili» quando c'è da fare pressione, magari facendo
filtrare informazioni errate, come quella della liberazione degli
ostaggi, con il solo scopo di fare montare la tensione nei Paesi
d'origine dei rapiti. Con senno di poi si può dire che la notizia del
rilascio di ieri l'altro di tre diplomatici algerini, sui sette rapiti
in aprile a Gao, sempre dal Mujao, poteva forse fare intuire una svolta
positiva nel sequestro di Rossella Urru e dei due cooperanti spagnoli.
Ma, davanti alle contorte logiche dei gruppi jihadisti, niente si deve
mai dare per scontato o possibile.
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