Nel 2005 l'AAP (Accademia Americana di Pediatria) ha emanato le linee guida sull'allattamento
al seno in cui sottolinea l'importanza che questo ha non solo per il nato a termine sano ma anche
per i neonati ad alto rischio e per i prematuri.
Sono state stilate raccomandazioni ben precise per la
promozione dell'alimentazione con latte materno del nato a termine ad alto rischio e per il
pretermine, riassunte qui di seguito:
- i medici dovrebbero raccomandare l'utilizzo del latte umano per i neonati prematuri e per gli altri neonati ad alto rischio o tramite l'allattamento al seno diretto o utilizzando il latte della mamma dopo estrazione
- dovrebbero essere forniti il più presto possibile informazione e supporto alla mamma sull'allattamento al seno
- il contatto skin to skin (pelle a pelle) fra madre e neonato e l'attaccamento al seno dovrebbero essere forniti il più presto possibile
- la fortificazione del latte umano è indicata nei neonati di peso alla nascita inferiore ai 1500 grammi
- il latte umano di banca può rappresentare un'alternativa appropriata.
Il latte materno, accanto alle proprietà nutritive, garantisce importanti fattori protettivi in
grado di influire positivamente a breve (difesa dalle infezioni, riduzione di reazioni allergiche)
e a lungo termine (minor incidenza di patologie cardiovascolari, diabete, malattie intestinali
croniche) sulla salute del bambino.
Nel pretermine a questi benefici si devono aggiungere una riduzione dell'incidenza della
enterite necrotizzante (una grave patologia gastrointestinale), della retinopatia del pretermine, e
un effetto favorevole sull'esito neurocomportamentale e su quello cognitivo.
È stato suggerito, inoltre, che l'allattamento al seno sia anche protettivo nei confronti dello
sviluppo di soprappeso e obesità. Infatti uno dei principali vantaggi dell'allattamento al seno
risiede nel fatto che il lattante riesce a controllare il quantitativo assunto semplicemente sul
proprio senso di sazietà, mentre gli allattati artificialmente sono in genere "spinti" a terminare
il biberon anche se sazi. Ulteriori dati a favore delle maggiori capacità di controllo degli
allattati al seno risiedono nella correlazione negativa tra densità energetica del latte materno,
espressa dal contenuto lipidico, e quantità di latte assunto; i bambini, le cui madri producono un
latte ad alto contenuto lipidico,di solito consumano anche meno latte.
Come superare le difficoltà?
E' esperienza comune che le madri, il cui bambino è ricoverato in una
Terapia
Intensiva Neonatale
(TIN), perché pretermine o per altre condizioni ad alto rischio, incontrano notevoli
difficoltà a iniziare e mantenere la lattazione.
Per un lungo periodo infatti il loro bambino spesso non può alimentarsi al seno direttamente ma
il loro latte può essere comunque somministrato in minime quantità fin dai primi giorni di vita
anche prima che il neonato sia in grado di poppare.
Pertanto
è importante che la madre inizi già entro le prime 6 ore a raccogliere il latte. Oltre ad
inizio precoce
è importante anche il numero delle spremiture effettuate nell'arco della giornata (non deve
essere inferiore a 6/die).
Va poi precisato che
il seno va spremuto completamente infatti una incompleta spremitura può portare nel tempo ad
una riduzione del volume di latte prodotto, a tal fine è più agevole per le madri
l'utilizzo di un tiralatte elettrico che peraltro deve essere disponibile anche nelle
TIN.
La madre potrà così raccogliere dapprima il colostro e poi il proprio latte che verrà
somministrato al neonato per via oro o nasogastrica tramite sondino. È comunque importante
soprattutto per i pretermine più piccoli ricevere sin dai primi giorni di vita il latte della
propria madre. La precoce somministrazione di minime quantità di latte materno favorisce la
nutrizione e maturazione intestinale tramite la presenza di fattori di crescita e ormoni
regolatori.
Gli effetti dell'"alimentazione trofica" si rivelano sotto molteplici aspetti positivi: sulla
crescita a breve termine e l'assorbimento intestinale; sulla riduzione del periodo di passaggio ad
un alimentazione enterale (attraverso l'intestino) completa e del periodo di ospedalizzazione oltre
che del rischio di sepsi per il miglioramento della competenza immunitaria.
Solo successivamente, quando cioè le condizioni cliniche più stabili lo consentiranno sarà
possibile iniziare ad attaccare il bambino al seno passando attraverso una fase di transizione tra
l'alimentazione per sonda e quella spontanea per bocca.
È esperienza comune che nelle TIN i primi tentativi di attacco al seno avvengono dopo settimane
o mesi dalla nascita, quando il processo di lattazione già da tempo è stato avviato e spesso con
grandi sacrifici è stato mantenuto.
La fase di transizione tra l'alimentazione per sonda e quella spontanea per bocca ha una durata
variabile, strettamente correlata all'immaturita (età gestazionale) del neonato oltre che alle sue
condizioni cliniche. È noto infatti che il pretermine riesce a coordinare suzione deglutizione e
respirazione durante l'alimentazione al biberon solo intorno alle 34 settimane di età gestazionale.
È stato dimostrato che tale competenza viene acquisita più precocemente se il pretermine si
alimenta al seno. Alcuni studi dimostrano che tale capacità può essere raggiunta precocemente anche
intorno alle 31-32 settimane di età gestazionale nel pretermine alimentato al seno.
Durante la
fase di transizione possono essere utilizzate delle tecniche di facilitazione
dell'allattamento al seno. Ad esempio l'alimentazione a seno vuoto, con contemporanea
somministrazione per via naso gastrica di latte, nel pretermine di alto grado stimola e promuove la
suzione così come l'utilizzo di paracapezzoli si è dimostrato utile nel incrementare l'apporto di
latte nei neonati con basse pressioni di suzione.
Una volta avviato l'allattamento al seno è necessario garantire al neonato degli apporti
adeguati al fine di favorire una crescita regolare. La madre riesce a stabilire la quota di latte
assunta dal suo bambino attraverso la doppia pesata. Tale metodo non è considerato dalla madre
stressante, riduce l'ansia legata alla sua capacità di nutrice e migliora invece la sua abilità nel
prendersi cura e nell'allattare il bambino.
L'allattamento al seno in terapia intensiva neonatale
Nonostante i documentati benefici che l'allattamento al seno mostra per i piccoli pazienti
ricoverati nelle TIN, la sua incidenza e la sua durata sono ancora ridotti rispetto a quanto
riportato per il nato a termine sano. Va inoltre sottolineato che i dati a disposizione fanno
spesso riferimento ai soli pretermine di peso estremamente basso. Tale popolazione di neonati è la
più numerosa delle TIN, quella con maggiori problemi clinici che più si giova dell'uso del latte
materno e dell'allattamento al seno ma che al contempo presenta maggiori difficoltà a ricevere tale
nutrimento.
Sicuramente le madri dei bambini ricoverati in TIN desiderano provvedere all'alimentazione del
loro bambino con il proprio latte anche se spesso non pensano poi di riuscire ad allattarlo al
seno.
I dati riportati in letteratura riguardo l'inizio della lattazione in TIN sono piuttosto scarsi,
variabili da un Paese all'altro, con riferimento soprattutto ai neonati di peso estremamente
basso.
Uno studio italiano del 2004 mostra come circa l'80% delle mamme inizino a raccogliere il
proprio latte entro i primi 3 giorni dal ricovero in TIN.
In Finlandia il 91% dei bambini di basso peso neonatale (LBW) ricoverati in TIN riceve latte
materno.
I dati riferiti ai bambini di peso molto basso (<1500 grammi) (VLBW) sono più numerosi ma
altrettanto variabili con percentuali che vanno dal 72 al 95%. Le prevalenze più elevate vengono
registrate in Norvegia, Svezia, Australia mentre percentuali inferiori vengono riportate in
Svizzera, Stati Uniti e Germania.
Al momento della dimissione i dati relativi all'allattamento al seno mostrano un'ampia
variabilità tra le diverse TIN. In Svezia ad esempio la prevalenza alla dimissione è del 93% contro
un 59% riportato in Canada. Percentuali simili intorno al 50% vengono anche mostrate negli USA sia
tra gli LBW che tra i VLBW. I dati rilevati dal recente studio multicentrico italiano condotto in
13 TIN riportano prevalenze di allattamento alla dimissione del 72% sulla popolazione totale e del
54% tra i VLBW.
L'ampia variabilità registrata è strettamente correlata al supporto fornito alla mamme i cui
bambini sono ricoverati in TIN. Ancora troppo frequentemente queste madri vengono scoraggiate
dall'intraprendere la lattazione, ritenuta troppo stressante e faticosa o addirittura
controindicata quando, in relazione a patologia, esse devono assumere dei farmaci nell'immediato
periodo dopo il parto.
Gli ostacoli al successo della lattazione tra le madri dei pazienti delle TIN sono ormai ben
conosciuti. Allo stress legato al distacco dal proprio bambino e alla preoccupazione per il suo
stato di salute, si aggiunge la difficoltà al sentirsi utile per quella creatura così fragile.
Inoltre spesso le stesse condizioni cliniche della madre sono precarie. Molte mamme poi ritengono
di non produrre una quota adeguata di latte per il proprio bambino o addirittura pensano di fornire
un latte non adeguato a coprirne i fabbisogni nutrizionali.
Una volta avviato e mantenuto per tutta la durata della degenza l'allattamento al seno, deve e
può continuare anche nel periodo successivo alla dimissione. I numerosi benefici che l'allattamento
esplica sul piano immunologico, nutrizionale, neurocomportamentale ed in termini di salute futura
si mantengono anche con la sua prosecuzione dopo la dimissione.
Affinché la lattazione possa proseguire dopo il ritorno a casa è indispensabile prevedere un
programma di sostegno alla madre e uno stretto monitoraggio della crescita del neonato.
Dopo la dimissione numerosi fattori interferiscono con la prosecuzione dell'allattamento. La
preoccupazione più frequentemente espressa dalle madri, nell'immediato periodo postdimissione,
riguarda la difficoltà di monitoraggio del volume di latte assunto dal bambino nel corso della
giornata. Vengono inoltre riferiti dolorabilità del seno e del capezzolo, per ingorghi mammari e
ragadi, legati a un non corretto attacco del neonato al seno. L'ansia e lo stress legati al rientro
a casa, associati alla ripresa talvolta dell'attività lavorativa, sono altresì fattori che
influenzano negativamente l'allattamento al seno.
Nei 3 mesi successivi alla dimissione l'ostacolo più importante che le madri riferiscono è
rappresentato dalle preoccupazione per le condizioni fisiche del loro bambino, percepite come
estremamente fragili. Successivamente (6-12 mesi) prevalgono le preoccupazioni legate
all'introduzione di alimenti complementari.
La maggior parte degli ostacoli riferiti possono essere adeguatamente superati se alla madre già
durante la degenza ma anche successivamente viene fornito un supporto. Personale specializzato ma
anche gruppi di "pari" possono intervenire per consigliare e sostenere adeguatamente la madre.
Sarebbe poi opportuno poter fornire almeno nel primo periodo successivo all'ospedalizzazione un
sostegno a domicilio.
Dopo la dimissione dalla TIN si devono inoltre prevedere dei controlli di follow up ravvicinati
al fine di valutare la crescita e le condizioni cliniche del neonato. Molti bambini vengono dimessi
dalla TIN quando ancora l'allattamento al seno è stato appena avviato e spesso la madre deve
continuare a spremere il seno per integrare la quota alimentare assunta al seno
direttamente.
Quando poi il neonato viene dimesso con un'alimentazione complementare il programma alimentare
deve essere pianificato e sperimentato già durante la degenza affinché la madre sia in grado di
stabilire i volumi più adeguati per il proprio bambino. Se a tutto ciò si aggiunge il fatto che
spesso al momento della dimissione soprattutto i pretermine di peso molto basso hanno acquisito
durante la degenza un ritardo auxologico, si comprende come sia importante sostenere la madre e al
contempo monitorare il bambino.
In generale va sottolineato che se vengono prodotti adeguati volumi, il latte materno da solo è
in grado di coprire i fabbisogni sia del nato a termine ma anche del pretermine, in quest'ultimo
caso viene raccomandata un'adeguata integrazione con vitamina D, calcio e fosforo.
L'evoluzione futura
In accordo pertanto con le indicazioni dell'AAP relative al pretermine è opportuno avviare una
serie di interventi specifici e precisi che coinvolgano la madre, l'ospedale ed il territorio con
lo scopo di favorire l'allattamento. L'avvio della lattazione per le donne il cui bambino è
ricoverato in TIN non è facile ma è possibile se si interviene in maniera tempestiva ed adeguata.
Affinché questo avvenga occorre predisporre degli interventi di promozione di tipo educativo,
specifico e strutturale-organizzativo.
Dal punto di vista culturale occorre prevedere la sensibilizzazione e l'educazione delle donne
già prima del parto. È infatti importante fornire adeguate informazioni sulle caratteristiche di
unicità e insostituibilità che il latte materno possiede non solo per il nato a termine sano ma
anche per i neonati a rischio. Tale messaggio può essere fornito durante i corsi di preparazione al
parto e, direttamente o tramite opuscoli informativi, nell'immediato postpartum, oltre che al
momento del ricovero in TIN.
Gli strumenti specifici da potenziare riguardano l'implementazione della marsupioterapia, la
precoce e frequente spremitura del seno da effettuare in reparto possibilmente accanto al proprio
bambino, la stimolazione della suzione a mammella drenata, la cura e l'insegnamento delle posizioni
di attacco al seno per i neonati con necessità particolari.
Tra gli elementi di promozione strutturale il più importante è rappresentato dall'accesso
libero, in armonia con le routine assistenziali, ai reparti di TIN da parte dei genitori.
Attraverso il precoce e costante contatto essi conoscono il loro bambino e si sentono maggiormente
partecipi delle sue cure. Si riduce così in parte lo stress legato al distacco e alla degenza e
contemporaneamente essi assumono con maggiore consapevolezza il loro ruolo genitoriale. Tra gli
interventi strutturali che devono inoltre essere potenziati, rientrano quelli volti alla formazione
del personale che deve possedere specifiche competenze al fine di sostenere la madri durante la
lattazione. Devono poi essere previsti dei piani individualizzati, specifici di intervento da
utilizzare durante la degenza (nella fase di avvio e/o in quella di transizione dal sonda
all'alimentazione al seno) e a domicilio; vanno inoltre previsti controlli ravvicinati dopo la
dimissione soprattutto per quei bambini in cui l'allattamento è ancora incerto.
È auspicabile che questi strumenti di promozione vengano utilizzati nelle TIN nell'ambito di
specifici piani nutrizionali il cui fine ultimo è quello di garantire a una popolazione neonatale a
rischio l'alimentazione migliore.
In conclusione poiché i benefici dell'allattamento al seno sia breve che a lungo termine sono
numerosi soprattutto per i neonati ad alto rischio e per i pretermine è necessario che l'avvio e il
sostegno alla lattazione divengano in TIN tra gli obiettivi primari delle "cure" che esse
forniscono.
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