venerdì 18 maggio 2012

E' POSSIBILE ALLATTARE AL SENO I BAMBINI PREMATURI?

Nel 2005 l'AAP (Accademia Americana di Pediatria) ha emanato le linee guida sull'allattamento al seno in cui sottolinea l'importanza che questo ha non solo per il nato a termine sano ma anche per i neonati ad alto rischio e per i prematuri. 
Sono state stilate raccomandazioni ben precise per la promozione dell'alimentazione con latte materno del nato a termine ad alto rischio e per il pretermine, riassunte qui di seguito:
  • i medici dovrebbero raccomandare l'utilizzo del latte umano per i neonati prematuri e per gli altri neonati ad alto rischio o tramite l'allattamento al seno diretto o utilizzando il latte della mamma dopo estrazione
  • dovrebbero essere forniti il più presto possibile informazione e supporto alla mamma sull'allattamento al seno
  • il contatto skin to skin (pelle a pelle) fra madre e neonato e l'attaccamento al seno dovrebbero essere forniti il più presto possibile
  • la fortificazione del latte umano è indicata nei neonati di peso alla nascita inferiore ai 1500 grammi
  • il latte umano di banca può rappresentare un'alternativa appropriata.
 
Il latte materno, accanto alle proprietà nutritive, garantisce importanti fattori protettivi in grado di influire positivamente a breve (difesa dalle infezioni, riduzione di reazioni allergiche) e a lungo termine (minor incidenza di patologie cardiovascolari, diabete, malattie intestinali croniche) sulla salute del bambino.
 
Nel pretermine a questi benefici si devono aggiungere una riduzione dell'incidenza della enterite necrotizzante (una grave patologia gastrointestinale), della retinopatia del pretermine, e un effetto favorevole sull'esito neurocomportamentale e su quello cognitivo.
 
È stato suggerito, inoltre, che l'allattamento al seno sia anche protettivo nei confronti dello sviluppo di soprappeso e obesità. Infatti uno dei principali vantaggi dell'allattamento al seno risiede nel fatto che il lattante riesce a controllare il quantitativo assunto semplicemente sul proprio senso di sazietà, mentre gli allattati artificialmente sono in genere "spinti" a terminare il biberon anche se sazi. Ulteriori dati a favore delle maggiori capacità di controllo degli allattati al seno risiedono nella correlazione negativa tra densità energetica del latte materno, espressa dal contenuto lipidico, e quantità di latte assunto; i bambini, le cui madri producono un latte ad alto contenuto lipidico,di solito consumano anche meno latte.
  
Come superare le difficoltà?
E' esperienza comune che le madri, il cui bambino è ricoverato in una Terapia Intensiva Neonatale (TIN), perché pretermine o per altre condizioni ad alto rischio, incontrano notevoli difficoltà a iniziare e mantenere la lattazione.
 
Per un lungo periodo infatti il loro bambino spesso non può alimentarsi al seno direttamente ma il loro latte può essere comunque somministrato in minime quantità fin dai primi giorni di vita anche prima che il neonato sia in grado di poppare.
 
Pertanto è importante che la madre inizi già entro le prime 6 ore a raccogliere il latte. Oltre ad inizio precoce è importante anche il numero delle spremiture effettuate nell'arco della giornata (non deve essere inferiore a 6/die).
 
Va poi precisato che il seno va spremuto completamente infatti una incompleta spremitura può portare nel tempo ad una riduzione del volume di latte prodotto, a tal fine è più agevole per le madri l'utilizzo di un tiralatte elettrico che peraltro deve essere disponibile anche nelle TIN.
 
La madre potrà così raccogliere dapprima il colostro e poi il proprio latte che verrà somministrato al neonato per via oro o nasogastrica tramite sondino. È comunque importante soprattutto per i pretermine più piccoli ricevere sin dai primi giorni di vita il latte della propria madre. La precoce somministrazione di minime quantità di latte materno favorisce la nutrizione e maturazione intestinale tramite la presenza di fattori di crescita e ormoni regolatori.
 
Gli effetti dell'"alimentazione trofica" si rivelano sotto molteplici aspetti positivi: sulla crescita a breve termine e l'assorbimento intestinale; sulla riduzione del periodo di passaggio ad un alimentazione enterale (attraverso l'intestino) completa e del periodo di ospedalizzazione oltre che del rischio di sepsi per il miglioramento della competenza immunitaria.
 
Solo successivamente, quando cioè le condizioni cliniche più stabili lo consentiranno sarà possibile iniziare ad attaccare il bambino al seno passando attraverso una fase di transizione tra l'alimentazione per sonda e quella spontanea per bocca.
 
È esperienza comune che nelle TIN i primi tentativi di attacco al seno avvengono dopo settimane o mesi dalla nascita, quando il processo di lattazione già da tempo è stato avviato e spesso con grandi sacrifici è stato mantenuto.
 
La fase di transizione tra l'alimentazione per sonda e quella spontanea per bocca ha una durata variabile, strettamente correlata all'immaturita (età gestazionale) del neonato oltre che alle sue condizioni cliniche. È noto infatti che il pretermine riesce a coordinare suzione deglutizione e respirazione durante l'alimentazione al biberon solo intorno alle 34 settimane di età gestazionale. È stato dimostrato che tale competenza viene acquisita più precocemente se il pretermine si alimenta al seno. Alcuni studi dimostrano che tale capacità può essere raggiunta precocemente anche intorno alle 31-32 settimane di età gestazionale nel pretermine alimentato al seno.
 
Durante la fase di transizione possono essere utilizzate delle tecniche di facilitazione dell'allattamento al seno. Ad esempio l'alimentazione a seno vuoto, con contemporanea somministrazione per via naso gastrica di latte, nel pretermine di alto grado stimola e promuove la suzione così come l'utilizzo di paracapezzoli si è dimostrato utile nel incrementare l'apporto di latte nei neonati con basse pressioni di suzione.
 
Una volta avviato l'allattamento al seno è necessario garantire al neonato degli apporti adeguati al fine di favorire una crescita regolare. La madre riesce a stabilire la quota di latte assunta dal suo bambino attraverso la doppia pesata. Tale metodo non è considerato dalla madre stressante, riduce l'ansia legata alla sua capacità di nutrice e migliora invece la sua abilità nel prendersi cura e nell'allattare il bambino.
  
L'allattamento al seno in terapia intensiva neonatale
Nonostante i documentati benefici che l'allattamento al seno mostra per i piccoli pazienti ricoverati nelle TIN, la sua incidenza e la sua durata sono ancora ridotti rispetto a quanto riportato per il nato a termine sano. Va inoltre sottolineato che i dati a disposizione fanno spesso riferimento ai soli pretermine di peso estremamente basso. Tale popolazione di neonati è la più numerosa delle TIN, quella con maggiori problemi clinici che più si giova dell'uso del latte materno e dell'allattamento al seno ma che al contempo presenta maggiori difficoltà a ricevere tale nutrimento.
 
Sicuramente le madri dei bambini ricoverati in TIN desiderano provvedere all'alimentazione del loro bambino con il proprio latte anche se spesso non pensano poi di riuscire ad allattarlo al seno.
 
I dati riportati in letteratura riguardo l'inizio della lattazione in TIN sono piuttosto scarsi, variabili da un Paese all'altro, con riferimento soprattutto ai neonati di peso estremamente basso.
 
Uno studio italiano del 2004 mostra come circa l'80% delle mamme inizino a raccogliere il proprio latte entro i primi 3 giorni dal ricovero in TIN.
 
In Finlandia il 91% dei bambini di basso peso neonatale (LBW) ricoverati in TIN riceve latte materno.
 
I dati riferiti ai bambini di peso molto basso (<1500 grammi) (VLBW) sono più numerosi ma altrettanto variabili con percentuali che vanno dal 72 al 95%. Le prevalenze più elevate vengono registrate in Norvegia, Svezia, Australia mentre percentuali inferiori vengono riportate in Svizzera, Stati Uniti e Germania.
 
Al momento della dimissione i dati relativi all'allattamento al seno mostrano un'ampia variabilità tra le diverse TIN. In Svezia ad esempio la prevalenza alla dimissione è del 93% contro un 59% riportato in Canada. Percentuali simili intorno al 50% vengono anche mostrate negli USA sia tra gli LBW che tra i VLBW. I dati rilevati dal recente studio multicentrico italiano condotto in 13 TIN riportano prevalenze di allattamento alla dimissione del 72% sulla popolazione totale e del 54% tra i VLBW.
 
L'ampia variabilità registrata è strettamente correlata al supporto fornito alla mamme i cui bambini sono ricoverati in TIN. Ancora troppo frequentemente queste madri vengono scoraggiate dall'intraprendere la lattazione, ritenuta troppo stressante e faticosa o addirittura controindicata quando, in relazione a patologia, esse devono assumere dei farmaci nell'immediato periodo dopo il parto.
 
Gli ostacoli al successo della lattazione tra le madri dei pazienti delle TIN sono ormai ben conosciuti. Allo stress legato al distacco dal proprio bambino e alla preoccupazione per il suo stato di salute, si aggiunge la difficoltà al sentirsi utile per quella creatura così fragile. Inoltre spesso le stesse condizioni cliniche della madre sono precarie. Molte mamme poi ritengono di non produrre una quota adeguata di latte per il proprio bambino o addirittura pensano di fornire un latte non adeguato a coprirne i fabbisogni nutrizionali.
 
Una volta avviato e mantenuto per tutta la durata della degenza l'allattamento al seno, deve e può continuare anche nel periodo successivo alla dimissione. I numerosi benefici che l'allattamento esplica sul piano immunologico, nutrizionale, neurocomportamentale ed in termini di salute futura si mantengono anche con la sua prosecuzione dopo la dimissione.
 
Affinché la lattazione possa proseguire dopo il ritorno a casa è indispensabile prevedere un programma di sostegno alla madre e uno stretto monitoraggio della crescita del neonato.
 
Dopo la dimissione numerosi fattori interferiscono con la prosecuzione dell'allattamento. La preoccupazione più frequentemente espressa dalle madri, nell'immediato periodo postdimissione, riguarda la difficoltà di monitoraggio del volume di latte assunto dal bambino nel corso della giornata. Vengono inoltre riferiti dolorabilità del seno e del capezzolo, per ingorghi mammari e ragadi, legati a un non corretto attacco del neonato al seno. L'ansia e lo stress legati al rientro a casa, associati alla ripresa talvolta dell'attività lavorativa, sono altresì fattori che influenzano negativamente l'allattamento al seno.
 
Nei 3 mesi successivi alla dimissione l'ostacolo più importante che le madri riferiscono è rappresentato dalle preoccupazione per le condizioni fisiche del loro bambino, percepite come estremamente fragili. Successivamente (6-12 mesi) prevalgono le preoccupazioni legate all'introduzione di alimenti complementari.
 
La maggior parte degli ostacoli riferiti possono essere adeguatamente superati se alla madre già durante la degenza ma anche successivamente viene fornito un supporto. Personale specializzato ma anche gruppi di "pari" possono intervenire per consigliare e sostenere adeguatamente la madre. Sarebbe poi opportuno poter fornire almeno nel primo periodo successivo all'ospedalizzazione un sostegno a domicilio.
 
Dopo la dimissione dalla TIN si devono inoltre prevedere dei controlli di follow up ravvicinati al fine di valutare la crescita e le condizioni cliniche del neonato. Molti bambini vengono dimessi dalla TIN quando ancora l'allattamento al seno è stato appena avviato e spesso la madre deve continuare a spremere il seno per integrare la quota alimentare assunta al seno direttamente.
 
Quando poi il neonato viene dimesso con un'alimentazione complementare il programma alimentare deve essere pianificato e sperimentato già durante la degenza affinché la madre sia in grado di stabilire i volumi più adeguati per il proprio bambino. Se a tutto ciò si aggiunge il fatto che spesso al momento della dimissione soprattutto i pretermine di peso molto basso hanno acquisito durante la degenza un ritardo auxologico, si comprende come sia importante sostenere la madre e al contempo monitorare il bambino.
 
In generale va sottolineato che se vengono prodotti adeguati volumi, il latte materno da solo è in grado di coprire i fabbisogni sia del nato a termine ma anche del pretermine, in quest'ultimo caso viene raccomandata un'adeguata integrazione con vitamina D, calcio e fosforo.
  
L'evoluzione futura
In accordo pertanto con le indicazioni dell'AAP relative al pretermine è opportuno avviare una serie di interventi specifici e precisi che coinvolgano la madre, l'ospedale ed il territorio con lo scopo di favorire l'allattamento. L'avvio della lattazione per le donne il cui bambino è ricoverato in TIN non è facile ma è possibile se si interviene in maniera tempestiva ed adeguata. Affinché questo avvenga occorre predisporre degli interventi di promozione di tipo educativo, specifico e strutturale-organizzativo.
 
Dal punto di vista culturale occorre prevedere la sensibilizzazione e l'educazione delle donne già prima del parto. È infatti importante fornire adeguate informazioni sulle caratteristiche di unicità e insostituibilità che il latte materno possiede non solo per il nato a termine sano ma anche per i neonati a rischio. Tale messaggio può essere fornito durante i corsi di preparazione al parto e, direttamente o tramite opuscoli informativi, nell'immediato postpartum, oltre che al momento del ricovero in TIN.
 
Gli strumenti specifici da potenziare riguardano l'implementazione della marsupioterapia, la precoce e frequente spremitura del seno da effettuare in reparto possibilmente accanto al proprio bambino, la stimolazione della suzione a mammella drenata, la cura e l'insegnamento delle posizioni di attacco al seno per i neonati con necessità particolari.
 
Tra gli elementi di promozione strutturale il più importante è rappresentato dall'accesso libero, in armonia con le routine assistenziali, ai reparti di TIN da parte dei genitori. Attraverso il precoce e costante contatto essi conoscono il loro bambino e si sentono maggiormente partecipi delle sue cure. Si riduce così in parte lo stress legato al distacco e alla degenza e contemporaneamente essi assumono con maggiore consapevolezza il loro ruolo genitoriale. Tra gli interventi strutturali che devono inoltre essere potenziati, rientrano quelli volti alla formazione del personale che deve possedere specifiche competenze al fine di sostenere la madri durante la lattazione. Devono poi essere previsti dei piani individualizzati, specifici di intervento da utilizzare durante la degenza (nella fase di avvio e/o in quella di transizione dal sonda all'alimentazione al seno) e a domicilio; vanno inoltre previsti controlli ravvicinati dopo la dimissione soprattutto per quei bambini in cui l'allattamento è ancora incerto.
 
È auspicabile che questi strumenti di promozione vengano utilizzati nelle TIN nell'ambito di specifici piani nutrizionali il cui fine ultimo è quello di garantire a una popolazione neonatale a rischio l'alimentazione migliore.
 
In conclusione poiché i benefici dell'allattamento al seno sia breve che a lungo termine sono numerosi soprattutto per i neonati ad alto rischio e per i pretermine è necessario che l'avvio e il sostegno alla lattazione divengano in TIN tra gli obiettivi primari delle "cure" che esse forniscono.
 

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