ROMA - «Siamo arrivati con il furgone di notte, il buio inghiottiva
tutto, ma già all’uscita dell’autostrada, ho avuto la pelle d’oca».
Martedì all’alba Giovanni Mangione, 37 anni, è tornato indietro a 3 anni
fa: «A Carpi abbiamo visto le prime auto piene di famiglie, gente che
dormiva nei parcheggi al lume dei lampioni, tende montate nei giardini
pubblici. Sembrava la mia Aquila, il 7 aprile del 2009».
Il pavimento che trema, la casa che balla, il tuono che non arriva dal cielo ma da sotto i piedi non si possono dimenticare. Elaborato il suo, Giovanni è andato a cercare il dolore degli altri, «perché c’è bisogno di dare una mano». Gli aquilani si sono mossi subito: almeno 6 associazioni abruzzesi, di cui 3 aquilane, sono già partite per i territori terremotati. E i comuni del cratere sono stati tra i primi ad aprire un conto per raccogliere fondi. Soltanto Giovanni e i suoi amici di mani ne hanno portate 30 su, in Emilia. «Siamo saliti in 15 - racconta - tutti della Croce Bianca dell’Aquila. Abbiamo montato un tendone che ospiterà una mensa per 350 persone a Novi Modena: 40 ore svegli con la chiave inglese in mano. Ma la stanchezza non conta: presto torneremo e faremo i turni di una settimana». Il premio si chiama amicizia: «Ci siamo fermati a prendere un caffè in un bar-ristorante. Quando ha saputo che eravamo aquilani, il padrone con le lacrime agli occhi ci ha regalato 10 kg di pane e di pizza per noi e per chi ne avesse bisogno tra gli sfollati».
Storie piccole, di gente che ha bisogno di calore umano: «Noi conosciamo la loro paura e dobbiamo aiutarli ad esorcizzarla. Tra le tende proviamo a tenerli impegnati, altrimenti nelle ore passate a far nulla si pensa alle scosse, alla casa distrutta, a quello che è andato perduto, a quanto tempo ci vorrà per ricostruire». Per ora bisogna tamponare l’emergenza. La Croce Bianca ha già organizzato una raccolta viveri: «Raccogliamo latte, biscotti, caffè, zucchero. Li porteremo su presto, contatteremo i sindaci e, se ce lo lasceranno fare, li consegneremo di persona alle famiglie. Dopo l’Aquila, dei canali ufficiali ci fidiamo poco».
Mentre Giovanni racconta, arriva un sms: «Un mio amico mi avverte che abbiamo raccolto i soldi per acquistare 60 kg del parmigiano che rischia di andare perduto. Stiamo anche creando un gruppo di acquisto con i ristoranti dell’Aquila. Non si può sprecare tutto quel ben di Dio». Ricostruire significa anche recuperare cultura e ricchezza. Tra una scossa e l’altra, con la paura che ristagna: «Appena arrivati, alle 8 del mattino ce n’è stata di 3,8. Non molto, ma in superficie: per un attimo ci ha riportati all’Aquila».
La vita per un po’ resta da parte. «Io riparo distributori automatici, il 25 maggio mi è scaduto il contratto. Forse ricomincio il 2 luglio, aspetto un sms. Domani, però, riparto per l’Emilia».
Il pavimento che trema, la casa che balla, il tuono che non arriva dal cielo ma da sotto i piedi non si possono dimenticare. Elaborato il suo, Giovanni è andato a cercare il dolore degli altri, «perché c’è bisogno di dare una mano». Gli aquilani si sono mossi subito: almeno 6 associazioni abruzzesi, di cui 3 aquilane, sono già partite per i territori terremotati. E i comuni del cratere sono stati tra i primi ad aprire un conto per raccogliere fondi. Soltanto Giovanni e i suoi amici di mani ne hanno portate 30 su, in Emilia. «Siamo saliti in 15 - racconta - tutti della Croce Bianca dell’Aquila. Abbiamo montato un tendone che ospiterà una mensa per 350 persone a Novi Modena: 40 ore svegli con la chiave inglese in mano. Ma la stanchezza non conta: presto torneremo e faremo i turni di una settimana». Il premio si chiama amicizia: «Ci siamo fermati a prendere un caffè in un bar-ristorante. Quando ha saputo che eravamo aquilani, il padrone con le lacrime agli occhi ci ha regalato 10 kg di pane e di pizza per noi e per chi ne avesse bisogno tra gli sfollati».
Storie piccole, di gente che ha bisogno di calore umano: «Noi conosciamo la loro paura e dobbiamo aiutarli ad esorcizzarla. Tra le tende proviamo a tenerli impegnati, altrimenti nelle ore passate a far nulla si pensa alle scosse, alla casa distrutta, a quello che è andato perduto, a quanto tempo ci vorrà per ricostruire». Per ora bisogna tamponare l’emergenza. La Croce Bianca ha già organizzato una raccolta viveri: «Raccogliamo latte, biscotti, caffè, zucchero. Li porteremo su presto, contatteremo i sindaci e, se ce lo lasceranno fare, li consegneremo di persona alle famiglie. Dopo l’Aquila, dei canali ufficiali ci fidiamo poco».
Mentre Giovanni racconta, arriva un sms: «Un mio amico mi avverte che abbiamo raccolto i soldi per acquistare 60 kg del parmigiano che rischia di andare perduto. Stiamo anche creando un gruppo di acquisto con i ristoranti dell’Aquila. Non si può sprecare tutto quel ben di Dio». Ricostruire significa anche recuperare cultura e ricchezza. Tra una scossa e l’altra, con la paura che ristagna: «Appena arrivati, alle 8 del mattino ce n’è stata di 3,8. Non molto, ma in superficie: per un attimo ci ha riportati all’Aquila».
La vita per un po’ resta da parte. «Io riparo distributori automatici, il 25 maggio mi è scaduto il contratto. Forse ricomincio il 2 luglio, aspetto un sms. Domani, però, riparto per l’Emilia».
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