NAPOLI - Un perché per una morte assurda che non trova risposte. «Lino era appena sceso quando abbiamo sentito gli spari - dice Carmela Ferrigno, come
riporta il Mattino di Napoli
-. Tre, quattro rimbombi. Rosanna immediatamente ha provato a chiamarlo
sul cellulare, ma lui non rispondeva. Mi sono precipitata per le scale.
E ho sentito gli altri botti, quanti non lo so. Rosanna era alle mie
spalle, ho aperto il portone e visto il ragazzo riverso tra l’auto e il
selciato. Mi sono girata, ho cercato di bloccare mia figlia per non
farle vedere il corpo del fidanzato crivellato di colpi. Ma lei era già
fuori: ha guardato e ha cominciato a urlare». Carmela Ferrigno è la mamma di Rosanna, la fidanzata di Pasquale Romano.
Racconta quei minuti maledetti che «hanno distrutto due famiglie,
quella di Lino e la nostra». Accanto a lei la ragazza sdraiata sul
divano, incosciente dopo una massiccia dose di sedativi, e il marito,
Salvatore, che lavora nell’Associazione invalidi e mutilati di guerra.
Intorno gli altri figli e i parenti, tutti accorsi per tentare di
portare un conforto impossibile da trovare. Pasquale e Rosanna doveva sposarsi presto,
molto presto. Lui aveva cominciato a lavorare alla Prysmian di Pozzuoli
insieme al cognato, Gennaro. Aspettava il contratto a tempo
indeterminato per poter finalmente mettere su famiglia dopo più di
quattro anni di fidanzamento. «Era contento, felice. Finalmente vedeva
arrivare quel futuro che aveva sempre sognato - racconta Genny - parlava
sempre del matrimonio. Mi diceva ”adesso ci sposiamo, altrimenti quando
lo fa un figlio tua sorella?”». Ieri sera i due ragazzi dovevano andare
a giocare a calcetto. Lino, come lo chiamavano in famiglia, era passato
da Rosanna per darle un bacio prima di andare alla partita. Erano le
9,30. Ha salutato tutti ed è sceso incontro alla morte. «È successa una
cosa assurda, incredibile - dice Salvatore - Lino era un ragazzo onesto,
come tutti nella sua e nella nostra famiglia. Noi siamo gente che ha
sempre lavorato. Con i camorristi non abbiamo mai avuto a che fare. Noi
siamo un’altra cosa, quelli là li abbiamo sempre combattuti. Io sono
stato consigliere di quartiere, ho partecipato a tante manifestazioni
per la legalità. Perciò adesso voglio parlare: la gente deve reagire,
deve sapere che quello che è successo a noi può succedere a chiunque.
Qua ci sono ragazzini, bambini mandati a sparare per poche lire. Gente
che non sa niente, che non capisce niente. Adesso la giustizia li deve
prendere. E deve prendere anche i capi, quelli che li convincono a
uccidere».Non ha dubbi Salvatore: Lino non può aver fatto niente per meritare di essere ammazzato così: «Credo che abbiano sbagliato persona, lo hanno preso per un altro», sostiene. «Lui era un ragazzo tranquillo, solare - dice Genny - anche sul posto di lavoro gli volevano tutti bene. E gli hanno sparato contro quattordici colpi. Quattordici colpi. Chissà cosa credevano di fare. «Non si può vivere così - interviene Salvatore - qua c’è una guerra. Noi lo sappiamo. Da Scampia, da Secondigliano che adesso sono piene di poliziotti e di carabinieri, quei maledetti si stanno trasferendo anche qua a Marianella. E noi abbiamo paura. Tutte le persone oneste hanno paura». Ma non può finire così, dice Salvatore, Lino non può essere scambiato per un camorrista. «Noi vogliamo parlare, vogliamo gridare. Vogliamo ribellarci. E la società civile deve essere con noi, deve dire basta. Non possiamo dargliela vinta. Perché quello che è successo a Lino che è stato ammazzato per niente, può succedere a chiunque. Non c’è difesa. E allora dobbiamo essere uniti. Dobbiamo dire che questa città è la nostra, non di questa gentaglia che ammazza solo per denaro. Dobbiamo scendere in piazza, dobbiamo riprenderci le strade, dobbiamo dire che questo spazio è nostro, non loro. Le bestie che ammazzano devono andare via. Noi siamo qua, vogliamo resistere. Io sto già cercando di prendere contatto con l’associazione delle vittime innocenti delle mafie. Ma se nessuno si schiererà con noi, se anche la morte di Lino non servirà a fermare questa carneficina, allora andremo via, in un’altra città, in un altro posto. Noi così non po
"PASQUALE RAGAZZO PERBENE" «Mio fratello è un ragazzo perbene, lo hanno ucciso come un criminale ma perchè?». Lucia Romano, la sorella di Pasquale, il giovane ammazzato l'altra sera nella zona di Marianella a Napoli, non riesce ancora a farsi una ragione. Gli investigatori seguono la pista dell'errore di persona. Il giovane, residente a Cardito, nel Napoletano, si trovava a Marianella per andare a salutare la fidanzata, rientrata da Modena. Quando i carabinieri l'altra sera si sono presentati a casa della famiglia Romano, i genitori di Pasquale hanno subito capito che era successo qualcosa di grave ma mai immaginavano una vicenda del genere. «Noi siamo persone perbene - aggiunge in lacrime lo zio Luigi - perchè, perchè, perchè?». Intanto a casa dei Romano continua il viavai di tante persone residenti nel comune a nord di Napoli che portano la loro solidarietà. Un'intera città sconvolta per il dolore che ha colpito una famiglia da tutti giudicata perbene.
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