lunedì 21 maggio 2012

IL TRAVAGLIO INDOTTO NON RIDUCE I RISCHI D'INFEZIONE NEL NASCITURO

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Indurre il travaglio al fine di ridurre il rischio di infezione nel neonato per le donne che presentano la rottura della membrana, secondo un nuovo studio, non presenta alcun vantaggio

Quando si verifica una lacerazione della membrana si è sempre ritenuto che ciò potesse esporre il nascituro al rischio di contrarre un’infezione o problemi respiratori.
Per ovviare a questo inconveniente, in genere si usa indurre il travaglio. Tuttavia, questa pratica pare non serva a preservare dal rischio d’infezione, suggerendo che è di fatto inutile.

Ad aver scoperto che non vi erano differenze nel rischio che il neonato fosse oggetto d’infezione sia che nascesse dopo il travaglio indotto che nel tempo di un normale parto, è stato un team di ricercatori olandesi, coordinati dal dottor David van der Ham della Maastricht University Medical Center, Obstetrics & Gynecology, GROW School for Oncology and Developmental Biology, di Maastricht (Paesi Bassi).
«La nostra ricerca indica che nei pazienti sottoposti a stretto monitoraggio, noto come gestione dell’attesa, rispetto alle pazienti è stato indotto il travaglio, non vi era alcuna differenza nel rischio di infezione nel neonato, problemi respiratori o nei tassi riguardo i tagli cesarei - commenta in un comunicato della MU, riferendosi ai risultati dello studio, il dottor van der Ham – Per via di questi risultati, abbiamo suggerito una condotta di attesa rispetto al parto indotto, quando ciò è possibile».

Le affermazioni dei ricercatori olandesi, fanno seguito al lavoro condotto su 536 donne in gravidanza seguite a partire da gennaio 2007, fino a settembre 2009; e altre 195 seguite a partire da dicembre 2009 fino a gennaio 2011. Tutte le donne sono state seguite all’interno del Consorzio Multicentrico olandese di Ricerca in Ostetricia, a cui collaborano 60 ospedali dei Paesi Bassi.
Le donne in attesa sono state monitorate per controllare l’eventuale rottura della membrana e, quando questa si verificava, nell’arco di 24 dopo l’evento venivano assegnate a caso al programma di attesa che si protraeva fino alla 37ma settimana di gravidanza, o al travaglio indotto:  questo per poter verificare le differenze nel rischio d’infezione o problemi respiratori.

Dai risultati ottenuti si è scoperto che nelle donne avviate al programma di attesa prolungata di 3,5 giorni, il rischio di infezione – o sepsi neonatale -  complessivo è stato relativamente basso con un tasso percentuale del 3,6 percento. Confrontando le strategie di trattamento non si sono mostrate differenze.
Per quel che riguardava i problemi respiratori del neonato  - o sindrome da distress respiratorio – anche in questo caso non sono state rilevate differenze tra i due trattamenti: attesa prolungata o travaglio indotto. Allo stesso modo, non vi erano differenze nel caso di parto con taglio cesareo.
Infine, confrontando i risultati di questo studio con quelli ottenuti da precedenti ricerche, gli scienziati olandesi hanno potuto osservare che non vi erano differenze di rischio tra i generi.

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